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Dati Istat

7 giovani su 10 vivono con i genitori fino ai 35 anni: "Siamo la generazione 1000 euro"

L'aumento delle disuguaglianze economiche sta colpendo duramente i giovani italiani, con implicazioni allarmanti per il futuro.

7 giovani su 10 vivono con i genitori fino ai 35 anni: "Siamo la generazione 1000 euro"

Il recente rapporto Annuale Istat rivela che il 67,4% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori, un aumento di 8 punti percentuali rispetto al 2002. La situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, con la Campania che registra il livello più alto al 75,4%. Nel Centro-Nord, solo le Marche raggiungono il 74,5%, mentre le altre regioni rimangono sotto la media nazionale. Questo fenomeno, attribuito principalmente alla precarietà lavorativa e al basso potere d'acquisto, sta avendo ripercussioni significative sui giovani. 

L'Istat segnala un peggioramento del benessere giovanile, con un calo dell'indice di salute mentale, particolarmente tra le ragazze. Dopo un decremento già osservato durante la pandemia, l'indice è sceso ulteriormente nel 2023, passando da 68,2 nel 2022 a 66,5. Nonostante un leggero aumento del Pil dello 0,9% nel 2023, il contesto economico rimane preoccupante. L'Italia ha superato la Francia (0,7%) e la Germania (-0,3%), ma resta indietro rispetto alla Spagna (2,5%). Dal 2000 ad oggi, la crescita italiana ha accumulato un divario di oltre 10 punti con la Spagna, 17 con la Germania e 14 con la Francia.

L'espressione "bamboccioni", resa famosa dall'ex ministro Padoa Schioppa, è ormai superata. I giovani italiani sono tra le categorie più svantaggiate nel mercato del lavoro, con molti bloccati in contratti part-time involontari. I giovani tra i 15 e i 24 anni costituiscono metà dei tre milioni di contratti a tempo determinato in Italia. Le regioni con il maggior numero di giovani che vivono con i genitori registrano tassi di disoccupazione giovanile elevati, raggiungendo il 30% in Campania e Sicilia per la fascia 18-34 anni. Nel 2023, l'occupazione è cresciuta del 2,1%, con 481 mila nuovi posti di lavoro, ma molti lavoratori rimangono in condizioni economiche precarie. Oltre la metà dei lavoratori part-time tra i 15 e i 64 anni desidera lavorare di più, con un'incidenza quasi del 70% tra gli uomini e un picco di 9 su 10 nel Mezzogiorno.

Il rapporto evidenzia che la stagnazione della produttività del lavoro è un problema chiave. Tra il 2007 e il 2023, il Pil per ora lavorata è aumentato solo dell'1,3%, contro il 3,6% della Francia, il 10,5% della Germania e il 15,2% della Spagna. Questo modesto incremento si riflette negativamente sul mercato del lavoro, dove le donne sono particolarmente svantaggiate. L'occupazione femminile, seppur migliorata, resta bassa rispetto agli standard europei, con un'incidenza del part-time quattro volte superiore a quella maschile (31,4% contro 7,4%).

La crescita economica non ha ridotto le disuguaglianze. Le retribuzioni non hanno tenuto il passo con l'inflazione e la spesa delle famiglie è diminuita in termini reali, aumentando la distanza tra le famiglie più ricche e quelle più povere. I giovani sono i più colpiti dalle difficoltà economiche, con il 9,8% degli italiani che vive in povertà assoluta, un aumento di tre punti percentuali rispetto al 2014. Tra i minorenni, 1,3 milioni vivono in povertà assoluta, con un'incidenza del 14%. Dal 2013 al 2023, la povertà tra gli occupati è aumentata di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9% al 7,6%.

Un altro dato preoccupante riguarda la natalità. Nonostante un calo dell'8% nei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione rimane negativo. La riduzione della natalità è influenzata anche dalla diminuzione delle nascite tra la popolazione straniera, che aveva contribuito a mantenere alto il tasso di natalità nei primi anni 2000. Nel 2023, sono nati 200mila bambini in meno rispetto all'anno precedente. I giovani sono i principali protagonisti del calo demografico in Italia. Nel 2023, in Italia si contano poco più di 10 milioni e 330 mila persone tra i 18 e i 34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). 

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