Leonid McGill, un Marlowe nero in una New York con troppi segreti

Leonid McGill ha detto basta alla sua vecchia vita e vuole rigare dritto. È un detective privato con troppi contatti nella malavita e di scorciatoie per pagare l'affitto ne ha prese veramente tante. Ora vuole rimanere nella legalità, ma per gli eroi hard boiled il destino ha sempre mazzi di carte truccati. 

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Ex pugile, una moglie da cui vive più o meno separato e dei figli - uno dei quali soltanto, però, suo - si muove in una New York contemporanea che sembra però uno scenario dei più classici casi di Marlowe. "La lunga caduta" (21Lettere, 18 euro, traduzione di Andrea Russo) è il libro con cui Walter Mosley, uno dei grandi nomi del noir americano, crea una nuova serie investigativa dopo quella di Easy Rawlins, ed è anche curioso che un losangelino puro come lui scelga l'altra costa per l'ambientazione. 

Una New York con troppi segreti e troppe violenze, che siano giochi di potere e grandi ricchezze, oppure file di computer di insospettabili padri di famiglia, mondi vischiosi dove perdersi e in cui McGill ha accettato un incarico neppure troppo complicato: rintracciare quattro uomini che, una vita prima, erano amici di un giovane deceduto. Il suo compito è solo questo: trovare i nomi e consegnarli a un altro investigatore che lo ha ingaggiato. Cosa potrebbe andare storto? Forse il fatto che la gente cominci a morire...

Come spesso capita, in libri come questo, non è l'intreccio che deve attirarci, quanto il personaggio centrale, quanto il suo dibattersi nelle disavventure e, da migliore tradizione, mantenersi in precario equilibrio fra oscurità e luce, fra bicchieri di troppo e le corde di un ring da cui togliersi. E McGill è un Marlowe nero che sa, se non schivare tutti i colpi, certo restituirli e da pugile sa ragionare con quell'attimo di anticipo che può fare la differenza fra vittoria e KO.