Cerca

La verità sull’avvocatessa dopo 9 anni: «Uccisa sul ponte della Gran Madre»

gureye dego

Una sentenza del tribunale civile riapre ferite dolorose e un vecchio giallo. Fissando un paletto nella ricostruzione della verità sulla tragica fine di Deeqa Aden Gureye Dego, avvocatessa e paladina dei diritti dei migranti per cui combatteva e per cui era stata minacciata di morte, trovata cadavere sul ponte della Gran Madre il 30 settembre 2012.

Gureye Dego, ha stabilito per la prima volta un giudice, è stata uccisa. Investita da un Suv nero che, dopo averla travolta nel cuore di Torino, si è mischiato alle ombre della notte ed è sfrecciato via. Erano le 3.05. Chi fosse la persona al volante resta un mistero. E la tesi sostenuta dal marito Luigi Tessiore e dagli amici che hanno sempre ritenuto si sia trattato di un delitto, magari su commissione, rimane niente più che una ipotesi. Ma dopo nove anni il tribunale civile di Torino, riconoscendo un risarcimento per omicidio colposo commesso da ignoti a favore del vedovo della vittima, fissa in una sentenza un pezzo di verità di questo mistero dai mille risvolti. Restituendo quantomeno quella dignità sottratta a una donna che negli ambienti del Terzo Settore chiamavano “l’angelo dei rifugiati” ma poi – secondo la tesi di qualcuno riportata anche da certi giornali – sarebbe morta cadendo perché ubriaca. Non era così. Come spiega l’avvocato Alberto Frascà che ha assistito il marito della avvocatessa con il collega Marco Scarabosio e con l'ausilio tecnico dell'ingegner Farizio Vinardi, le analisi hanno dimostrato che «nel sangue aveva una percentuale di alcol inferiore a quella che si avrebbe dopo aver bevuto una birra». Dunque, la caduta ripresa da una telecamera di sicurezza, avvenne per altri motivi. E la causa del decesso fu l’investimento da parte del Suv visto da due testimoni che però non riuscirono a memorizzare il numero di targa. «Il giudice Giacomo Oberto della quarta sezione civile di Torino - spiega l’avvocato Frascà - ha fatto svolgere una perizia tecnica per capire se vi fosse un concorso di colpa della vittima. Ed è risultata una percentuale di colpa del 10%, la parte restante è stata attribuita al conducente del veicolo, rimasto ignoto». Il risarcimento è stato fissato in una cifra molto prossima ai massimi tabellari, che per un caso del genere sono fissati in 336mila euro. L’ultima pagina del giallo, però, almeno per ora, resta bianca. Il finale ancora tutto da scrivere. Innanzitutto perché la decisione è stata subito appellata (con richiesta di sospendere l’esecuzione) dalle assicurazioni che partecipano con proprie quote al fondo per le vittime della strada chiamato a pagare. E poi perché sullo sfondo di quello che è stato trattato come un incidente c’è sempre quell’intrigo internazionale che Gureye Dego avrebbe scoperto e sarebbe stata pronta a denunciare. Una storia di tratta di uomini dall’Africa al Nord Europa, con l’inquietante appendice dei ricongiungimenti familiari attraverso passaporti ed esami falsi del Dna. Suggestioni prive di riscontri, ritenne la procura che, dopo un’indagine durata sette mesi, archiviò tutto. Un movente per un delitto, resta convinto chi la conosceva e ora ricorda le sue battaglie, ma anche le paure per le minacce che la turbavano da tre mesi. Come quel messaggio su Twitter pubblicato a settembre, firmato Careless World: «Deqqa sarà uccisa di notte». E così è stato.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.