La piccola Fatima di soli tre anni è caduta dal balcone ed è morta dopo una notte di agonia al Regina Margherita, dove era stata sottoposta a un intervento chirurgico disperato. A lasciarla cadere nel vuoto, secondo gli investigatori della squadra mobile e il pm Valentina Sellaroli, sarebbe stato il patrigno, Azahr Mohssine, marocchino di 33 anni, che ha ammesso: «Mi sento in colpa per quanto è successo: non sono stato attento».
Due giorni fa l’uomo era stato condannato in rito abbreviato a otto mesi di galera per spaccio. E anche in questa tragedia c’entra la droga. Perché l’uomo, quando ha preso in braccio la piccola, per poi lasciarla «volare», era sotto l’effetto di alcol e droghe, fatto accertato nella giornata di ieri con un esame tossicologico a cui il marocchino è stato sottoposto. Troppe cose non tornavano e l’ipotesi dell’incidente è stato pressoché scartata subito dagli investigatori.
La madre della piccola, Lucia Chinelli, italiana di 42 anni, non appena si è accorta che la bimba era caduta in cortile, nella tarda serata di giovedì, si è precipitata giù dalle scale urlando e chiedendo aiuto. Lucia, Azahr Mohssine e altri due marocchini amici del patrigno, sono stati portati in questura per essere interrogati, separatamente, evitando contatti tra di loro. Fuori di sé lo spacciatore, in preda agli effetti del cocktail narcotico: insultava i poliziotti e urlava frasi senza cognizione.
C’è voluta tutta la notte perché si riprendesse, mentre i due amici e Lucia Chinelli, ricostruivano con gli investigatori le fasi di una notte terribile e sinistra. C’era una festa in quel condominio di ringhiera in via Milano (al quarto piano dove abitano mamma e bambina e al quinto dove vive il patrigno): «Musica ad alto volume, alcol, droga», ha confermato la stessa Lucia e poi le allucinazioni che hanno portato l’uomo a prendere in braccio in maniera imprudente la bambina.
I contorni della vicenda sono ancora poco chiari, tant’è che non è certo se Fatima si trovasse al quarto o al quinto piano, ma per la stessa ammissione della mamma della vittima, improvvisamente sarebbe esplosa una lite tra lei e il suo compagno. Le parole della donna pronunciate di fronte agli inquirenti, hanno consentito di scartare l’ipotesi dell'incidente. Indicazioni confuse, ma sufficienti per mettere «sotto torchio» il sospettato che, pur non rilasciando una piena confessione, ha fornito le prime ammissioni.
Tanto è bastato perché scattasse il fermo dell’uomo e, in procura, dove il marocchino è stato portato, è giunto anche il suo difensore, l’avvocato Alessandro Sena. L’accusa è di omicidio con dolo eventuale. A tarda sera l’uomo è stato portato in carcere, in isolamento, mentre lunedì il medico legale Roberto Testi eseguirà l’autopsia sul corpino della piccola vittima. Da quest’esame si attendono «ulteriori riscontri probatori» in merito alla caduta della bambina che è stata trovata in cortile in una posizione “non a piombo” rispetto al balcone da dove è precipitata.
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«Gli elementi e le testimonianze raccolte nelle prime fasi investigative - ha spiegato il capo della squadra mobile Luigi Mitola - hanno consentito una sommaria possibile ricostruzione del fatto e una prima qualificazione giuridica, che sarà sottoposta al vaglio del giudice». Significative e per certi versi risolutive, le immagini registrate da un impianto di sorveglianza interno al condominio e acquisite dalla polizia.
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