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09 Giugno 2022 - 10:12
Colpo di scena sul caso della morte della piccola Fatima, morta a tre anni lo scorso gennaio dopo essere stata lanciata (secondo l’accusa e il gip) giù dal ballatoio del quinto piano di via Milano 18. Ieri il gip Agostino Pasquariello, accogliendo l’istanza dell’avvocato difensore Alessandro Sena, ha ordinato, con la forma dell’incidente probatorio, una perizia biologico forense per analizzare le macchie sulla tettoia del balcone dove, la sera del delitto, si trovava Mohssine Azhar, il 32enne marocchino accusato di omicidio volontario.
La tesi della difesa è che Fatima non sia stata buttata giù volontariamente da Mohssine, ma che sarebbe caduta. «Facevamo il gioco del vola vola, la lanciavo in aria e la riprendevo, e mi è scivolata», quanto ribadito dall’indagato, che si trova in carcere dal 18 gennaio.
Una versione, quella dell’ex compagno della madre della vittima, a cui la pm Valentina Sellaroli, titolare dell’inchiesta svolta dalla squadra mobile, non ha mai creduto. Mohssine la sera della tragedia avrebbe, nel corso di una discussione con Lucia Chinelli, all’epoca dei fatti legata sentimentalmente al 32enne (e assistita dall’avvocata Silvia Lorenzino) lanciato di proposito la piccola giù dal balcone, per “punire” la donna, infierendo sulla figlioletta, dopo avere urlato, in stato di alterazione da alcol, «la bambina è mia».
La Scientifica, nei mesi scorsi ha già analizzato il luogo del delitto, compresa la tettoia: non era emerso alcun elemento a favore della tesi del “vola vola”, che comprovasse il fatto che Fatima sarebbe stata lanciata in alto, urtando contro il soffitto.
Anche la macchia marrone individuata dalla difesa come probabile traccia biologica, era stata considerata “materiale non organico”. La bimba dunque, non sarebbe stata lanciata in alto per gioco, ma scaraventata giù.
L’avvocato Sena invece sostiene che il campionamento effettuato dalla Scientifica sarebbe «non idoneo» e che le analisi fatte sulla tettoia non sarebbero state complete, perché eseguite con l’utilizzo delle «sole luci forensi ma non con il Luminol».
Il gip ieri, accogliendo la sua richiesta, ha affidato l’incarico al perito Paolo Garofano, già noto per il suo ruolo di vertice al Centro antidoping di Orbassano. Il 7 luglio l’esperto, insieme ai consulenti tecnici nominati dalla pm (Marinella La Porta), dalla difesa (Vincenzo Agostini) e dalla parte civile (Sara Gino) esaminerà la tettoia. Ancora una volta le luci saranno puntate su quella macchia misteriosa, dalla quale la difesa spera di trarre spunto per ribaltare un’indagine molto vicina alla chiusura.
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