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Il progetto

La “bussola” di Torino: il nuovo piano regolatore che cambia - forse - la città

l Piano approderà in Consiglio a dicembre. Lo Russo chiede una “manina” alla Regione per non far slittare i tempi. Ma pareri tecnici perplessi: «Mancano i numeri»

La “bussola” di Torino: il nuovo piano regolatore che cambia - forse - la città

«Torino ha dimostrato di sapere cambiare. Adesso tocca a noi scegliere la direzione. Questa la sfida e l’opportunità». È l’epilogo dell’intervento del sindaco di Torino Stefano Lo Russo, alla presentazione ufficiale del nuovo Piano regolatore torinese, tenutasi ieri pomeriggio presso la ESCP Business School di via Doria.
Sarà lo strumento «bussola» per la città del futuro, frutto anche di un piano di ascolto biennale: Voci di quartiere, che ha «raccolto» le istanze dei cittadini entro i 34 quartieri. «Per capire come vengono vissuti gli spazi», racconta Piero Boccardo, presidente di Urban Lab, che ha curato gli incontri. Cosa emerge? «La grande forza dei quartieri, che può essere davvero il motore del cambiamento», aggiunge. 

A lavorarci un team di quasi 70 persone, che si è arricchito della consulenza dell’urbanista Amanda Burden e dei suoi colleghi, presenti, messa a disposizione gratuitamente per la Città da Bloomberg Associates, società che lavora con città di tutto il mondo ed è parte di Bloomberg Philanthropies. Sono poi intervenute anche la direttrice del Dipartimento Urbanistica ed Edilizia Privata della Città Emanuela Canevaro e la dirigente del servizio nuovo Piano Regolatore Daniela Cevrero.

La funzione «guida»

Dalla manifattura tecnica, all’automotive, all’aerospazio. L’attenzione al verde, alla mobilità sostenibile, agli incubatori di innovazione, come le OGR. Il futuro Piano regolatore vuole ricomporre tutte queste anime - vecchie e nuove - di Torino. «Dobbiamo continuare a costruire le condizioni affinché tutti possano prosperare. Con una sanità di eccellenza, attraverso il Parco della Salute. Con la sicurezza urbana: strade illuminate e presidiate. Il nuovo Piano accelera connessioni tra ricerca e imprese. Possiamo subire o guidare. Il progetto aiuta a guidare», continua il sindaco.

A raccontare l’iter che ha portato al progetto preliminare, da consegnare in Consiglio comunale entro il 15 dicembre, l’assessore all’Urbanistica Paolo Mazzoleni. «Un piano che accompagnerà le prossime generazioni. Torino cresce per chi la sceglie. Più della metà dei suoi abitanti non è nato qui. I suoi dati ambientali sono difficili ma straordinari». E sono diverse, infatti, le ferite urbane da ricucire: dal Trincerone, di via Saint Bon, all’ex Scalo Vallino.

Tocca alla Regione

«È stata una deadline un po’ cattivella, ma noi il nostro lo abbiamo fatto», afferma Lo Russo in direzione della poltrona dell’assessore regionale all’Urbanistica Marco Gallo. In ballo, infatti, c’è una richiesta, fatta lo scorso agosto, al presidente della Regione Alberto Ciri: quella di modificare la legge urbanistica piemontese, unica nel suo genere, la quale prevede che i funzionari regionali entrino nel merito del Piano, diversamente da quanto accade in altre Regioni, dove ci si limita a verificarne la conformità tecnica. Così stanti le cose, infatti, non c’è «Cresci Piemonte» (la procedura di snellimento degli iter urbanistici) che tenga.

Il piano che non c’è?

Applausi scroscianti dai presenti: assessori comunali e regionali, consiglieri, presidenti degli enti pubblici, tra cui Maurizio Pedrini di ATC. Ma tra gli addetti ai lavori le perplessità non sono poche. Roberto Albano e Laura Milan, entrambi architetti, ne escono molto dubbiosi. «Gli mancano tavole, numeri. Quante le aree di trasformazione? Quanto verde pro capite? Che ne sarà del commercio di prossimità? Servono delle mappe “vere”», sottolineano.
L’impressione, infatti, è che per il momento sia solo un «desiderata».

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