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OMICIDIO CACCIA
28 Marzo 2023 - 18:39
La “sua” Torino sarà la prima città in Italia a ricordarlo intitolandogli una scuola. La “D’Azeglio-Nievo” di Borgo Crimea dove, per anni, aveva insegnato la moglie Carla e che, in occasione del quarantennale dell’omicidio per mano della ‘ndrangheta, prenderà il nome del procuratore assassinato il 26 giugno 1983. Un’esecuzione quella di Bruno Caccia su cui, ancora oggi, la famiglia chiede verità. «Mio padre è stato l’unico magistrato ucciso dalla criminalità organizzata al nord» ricorda la figlia Paola, commossa nel presentare il ricco palinsesto di iniziative organizzate con Libera e il Comune di Torino ma ferma nel chiedere, ancora una volta, giustizia per il papà.
La pista del Casinò
Una battaglia che dura da sette anni per la famiglia. «Nel 2015 eravamo riusciti a fare riaprire ufficialmente le indagini dalla Procura di Milano su due nomi che avevamo dato e riguardavano la pista del Casinò di Saint Vincent, l’ultima indagine che mio padre stava conducendo» racconta Paola Caccia. «Ma invece che indagare sulla pista che suggerivamo noi gli investigatori si sono concentrati su un altro collaboratore di Belfiore, Rocco Schirripa che nel frattempo era stato a sua volta indagato. Per cui la Procura di Milano ha ritenuto di non dover tenere conto del nostro suggerimento, peraltro corredato da un pacco di documenti e indizi corposo, si sono concentrati sempre sulla stessa pista e non è venuto fuori niente di nuovo». Lo stesso Schirripa la cui famiglia ha vissuto, fino allo scorso anno, nella villa già confiscata dalla magistratura. «Un caso abbastanza paradossale, ma questo dimostra come la ‘ndragheta si sia diffusa a macchina d’olio sul nostro territorio, proprio dopo l’assassinio di mio padre. E questo fa pensare».
La mostra fotografica
Tra le iniziative previste per ricordare il tragico anniversario, anche una mostra fotografica dedicata agli aspetti più personali del magistrato. «Speriamo che tutte queste iniziative servano a rinforzare le difese della società, soprattutto delle nuove generazioni, ma anche ad approfondire e far crescere una conoscenza critica del fatto storico» conclude la figlia Paola. «Perché a capire il valore di mio padre si fa in fretta, capire cosa ha fatto e perché è stato ucciso è più difficile. E noi non siamo ancora soddisfatti, non ci basta quanto fatto fin qui, vorremmo sapere quello che ancora non è stato chiarito, quello a cui stava lavorando. E tutta l'attenzione che c'è quest'anno speriamo aiuti anche in questo».
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