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L'intervista della settimana
07 Gennaio 2024 - 11:00
Ormai tutti lo conoscono come il torinese che ha “allineato” Superga, il Monviso e la Luna. Ma il 42enne Valerio Minato è molto di più del fotografo premiato a Natale dalla Nasa: in quest’intervista racconta tutta la sua storia, corredata da alcune delle sua foto più belle selezionate dalla nostra redazione.
Come ha iniziato a scattare?
«Ho fatto per anni l’operaio, poi ho dato una sterzata alla mia vita nel 2005 dopo un grave incidente sul lavoro. Mi sono trasferito da Biella a Torino, mi sono laureato in Scienze forestali e intanto mi sono comprato una macchina fotografica. Non avevo nessuna velleità, doveva essere solo un hobby».
Invece è diventata una professione.
«Scattavo foto di Torino e le pubblicavo sul mio sito, su Facebook e su Instagram. Lì, piano piano, ho creato un seguito che mi ha permesso di fare calendari, mostre e stampe delle foto con cui raccontavo questa città magica. E oggi ho l’orgoglio che i miei scatti siano in tantissimi case e uffici, all’aeroporto di Caselle, sui manifesti delle Atp Finals».
Cos’ha di speciale Torino dal punto di vista fotografico?
«Al di là delle bellezze architettoniche, fa la differenza dove si trova: ha le colline e le montagne attorno, cui si aggiungono i tanti parchi e i tre fiumi che l’attraversano. Tutto questo crea dei paesaggi bellissimi e molto vari da immortalare».
Negli anni, poi, l’attività si è spostata fuori da Torino.
«Ho allargato i miei orizzonti a livello paesaggistico e naturalistico. D’altronde, quando viaggio, ho sempre due compagne, la mia cagnolina Polenta e la macchina fotografica. In questi anni ho scattato in Islanda, in Etiopia e in Libia, per esempio. La scorsa estate sono andato in Abruzzo e, dopo tanti appostamenti, sono riuscito a fotografare l’orsa Amarena e i suoi cuccioli: purtroppo, quando è stata uccisa, è diventata una sorta di necrologio. Non avrei mai voluto, è sicuramente il mio scatto più triste».
Quello più felice risale a meno di un mese fa, con la Basilica di Superga, il Monviso e la Luna allineati. E la Nasa l’ha premiata come foto del giorno di Natale.
«E’ sicuramente quella più famosa e attesa: l’idea mi è venuta sei anni fa e sono riuscito a realizzarla solo a metà dicembre, dopo tanti tentativi e ore di “appostamenti”».
Alla fine ne è valsa la pena, visto il risultato.
«Sì, anche se io fotografo soprattutto per me stesso. A me piace mettermi alla prova e scatti come quello me lo consentono. E la vera soddisfazione è quando riesco a raggiungere l’obiettivo. Poi, ovviamente, mi fa piacere se i miei lavori piacciono anche anche agli altri».
Però questa foto ha portato anche tanti dubbi e critiche da parte di chi parla di “fake”.
«E’ diventata talmente virale che ha attirato di tutto, comprese modifiche e prese in giro divertenti. Gli “haters” mi fanno più che altro pena e tenerezza: c’è chi lo fa apposta, c’è chi non ci arriva e chi muore dall’invidia. Gli ultimi sono i peggiori ma io non mi curo di loro. Ho tante altre persone che mi seguono, mi difendono e sanno che una foto del genere è realizzabile con certe condizioni e un certo tipo di lavoro».
E adesso che succede?
«Adesso aspetto che passi questa “onda” di clamore che mi sta riempiendo di gioia. Ma non è un punto d’arrivo: tornerò a fare il mio lavoro, ho tante idee in mente che voglio realizzare. Per ora preferisco non svelarle, anche per scaramanzia».
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