l'editoriale
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05 Marzo 2023 - 08:00
È davanti alla scritta “Pace” del Sermig, in piazza Borgo Dora, che va in scena la fase più cruenta di una guerriglia scatenata in nome di un solo uomo, con lanci di fumogeni e bombe carta, cariche ripetute delle forze dell’ordine e il tentativo degli anarchici di sfondare il cordone. Con il rumore delle pale dell’elicottero che dall’alto segue le mosse del corteo, puntando il faro sui gruppetti che si sbandano, con i pochi passanti in fuga nelle vie del Balon, che cercando rifugio in un portone o nei locali chiusi, i cui gestori osservano attoniti attraverso le maglie delle serrande abbassate. Ci sono una mezza dozzina di automobili, con conducenti e passeggeri atterriti, che restano bloccate, con la polizia alle spalle e il corteo poco più avanti: intrappolate, perché la deviazione del corteo in corso Giulio Cesare - che la questura pensava fosse stato bloccato dalla polizia municipale, probabilmente - ha costretto tutti a manovre di emergenza. Qui, si consuma l’atto più duro di un lungo pomeriggio cominciato in piazza Solferino, al raduno infiammato dalle parole del 76enne Pasquale Valitutti, per il quale «Se Alfredo Cospito muore i responsabili saranno storicamente giustiziati dagli anarchici. Questa è la mia personale opinione. La mia speranza». In piazza, anche l’ex Prima Linea Alfredo Davanzo, tra i circa mille o millecinquecento manifestanti, moltissimi arrivati anche dall’estero, in particolare Spagna, Francia e Grecia. Le forze dell’ordine hanno già bloccato qualcuno in mattinata, hanno sequestrato bastoni e pietre. Nella rete, a sera, rimarrà anche Marco Bolognino, nome noto, sottoposto alla sorveglianza, già arrestato all’Asilo Occupato e per l’incendio del laboratorio di pasticceria del carcere.
Il corteo si muove attorno alle 18.20: bloccato da centinaia di agenti e carabinieri, non può raggiungere il centro e percorre via Cernaia. Tra cori, slogan e fumogeni, il primo bersaglio è la sede della Banca del Piemonte, imbrattata; poi, continuando verso corso Galileo Ferraris, prima di essere indirizzati a forza verso corso Siccardi, i manifestanti se la prendono con la Reale Mutua Banca: vetrine in frantumi, scritte con la vernice, sempre e ancora bombe carta. Viene deturpato anche l'obelisco in piazza Savoia, monumento alle leggi Siccardi che portarono alla soppressione dei tribunali ecclesiastici, davanti alla Consolata bruciano cassonetti dei rifiuti, la violenza anarchica si sfoga contro le vetrine dei negozi di via della Consolata, tutte devastate; anche le auto parcheggiate vengono danneggiate a colpi di tombini.
A Porta Palazzo il primo contatto ravvicinato, e la prima divisione del corteo, poi gli scontri veri e propri in piazza Borgo Dora. Qui scattano anche fermi e arresti: gli arrestati, alla fine, saranno cinque, ben 37 i fermati e portati in Questura.
Ma il percorso di follia del corteo non è ancora finito: se dal cortile della Holden fino al lungo Dora lo scenario sembra di guerra - i fumi sospesi nell’aria, fioriere distrutte, pali divelti e usati come arieti -, verso via Cigna si va a consumare l’ultimo atto - al momento di andare in stampa - di questo lungo pomeriggio. I manifestanti rimasti, meno della metà, cercano rifugio al Cecchi Point, facendo irruzione vicino al campo di calcetto dove era in corso una partita di ragazzini. Nel complesso c’è anche la sede di Radio Blackout, l’emittente vicina al movimento: circa duecento attivisti si chiudono dentro, sprangando il cancello, mentre le forze dell’ordine bloccano via Cecchi e si apprestano a mantenere la sorveglianza fino al mattino. Fine di una giornata di violenza come Torino non vedeva da tempo.
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