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Lucifero sarà lei

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Caldo africano a maggio: aumentano le temperature (foto depositphotos)

Ho bisogno d’aria pura. Ma non perché quella che c’è sia inquinata. Io la trovo buonissima, la respiro a piene nari, la cerco nei refoli di casa tra le finestre lasciate aperte per “arieggiare”, come insegnavano le nonne. Sono figlio di un’epoca in cui d’inverno a Torino ci si scaldava a legna, carbone e nafta, e sulla città c’era uno strato fisso d’aria nera (mio padre la chiamava “nita”) che celava le case. Dall’alto della collina vedevi un mare grigio scuro da cui spuntavano solo la guglia della Mole e il grattacielo di Piazza Castello. Eppure io giocavo, correvo, e la respiravo a pieni polmoni, quell’aria. Figuratevi oggi che dalla Maddalena si vedono persino le macchine per strada. Una pacchia, al confronto della “nita”. Eppure gli “scienziati” si ostinano a dirci che è aria pericolosa, che è inquinata dalle nanopolveri, che ci porterà alla morte, che dobbiamo fermare le auto…È quello, metaforicamente, l’inquinamento che patisco. Quello del terrorismo verbale, quello per il quale un caldo estivo un po’ deciso è subito “infernale, rovente, africano” al punto che lo battezzano come il demonio: “Lucifero”. E il freddo è sempre polare o siberiano, e la pioggia è sempre una bomba d’acqua, e tutto è colpa del clima impazzito. Siete impazziti voi scienziati, non il clima. Per questo dico che ho bisogno d’aria pura: voglio l’aria semplice di sempre, senza isterismi, allarmi mediatici e bollini rossi, calda o fredda che sia. D’inverno mi copro finché basta, e d’estate non voglio neanche l’aria condizionata che è pericolosa (lei sì) con gli sbalzi interno-esterno. Dribblo il caldo col buio a sud e i sapienti giochi di corrente tra finestre socchiuse, e Lucifer ch’a vada a canté ‘nt n’aotra cort. collino@cronacaqui.it
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