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Eitan, tanto per dire

Eitan
Gli argomenti ricucinati per giorni dai media finiscono per diventare stucchevoli, come se nella pensione in cui passi le vacanze ti propinassero sempre merluzzo a pranzo e a cena. Ma siccome di qualcosa devo pur parlare, m’iscrivo al gioco anch’io e vi servo merluzzo alla Eitan. Sì, lui, il bambino israeliano di 6 anni unico superstite nella tragedia della funivia del Mottarone. Quello recentemente “rapito” dal nonno e portato in Israele con un jet privato. Sapete già tutto, i media non parlano d’altro, non vi tedierò con nomi e dettagli. Mi fa solo piacere che la nonna israeliana abbia ammesso quel che pensavo, e cioè che alla base della lite sull’affidamento ci sia ‘anche’ il denaro di Eitan, che riceverà decine di milioni di euro fra eredità del bisnonno e risarcimenti delle assicurazioni della funivia. Il fatto che il nonno israeliano (il “rapitore”) abbia proposto di congelare tutti i soldi del nipote fino alla sua maggiore età, e che gli zii affidatari non siano d’accordo, rafforza quest’ipotesi. Ma per buonsenso, senza badare a codici e convenzioni internazionali, io avrei lasciato Eitan là dove era cresciuto, in Italia, con le cuginette. E bon. Mi chiedo però come mai tutti si interessino di un orfano che, per quanto sfortunato, sarà sempre e comunque seguito e coccolato (almeno perché ricchissimo) dalla numerosa, ricca e ramificata famiglia, mentre delle vittime del “sistema Bibbiano” non si parla più. Quelli non sono orfani, e quindi patiscono di più quando vengono strappati con delle scuse assurde (persino la povertà) a genitori che li amano, e sbattuti a vivere in collegi o presso famiglie estranee, spesso discutibili. Quei bimbi mi fanno pena più di Eitan. Ecco. L’ho detto. collino@cronacaqui.it
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