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La sentenza
12 Gennaio 2024 - 18:22
Foto d'archivio
Ormai sono lontanissimi i periodi dei "lockdown" e delle "zone rosse", quando anche solo uscire in strada diventava una trasgressione. Soprattutto per dei ragazzini, che per divertirsi erano arrivati a fare uno scherzo alla polizia: «Venite, c'è una rissa fra marocchini con coltelli e cocci di bottiglia». Ma non era vero. Invece, secondo la Procura e il Tribunale, era vera la denuncia di uno di quei ragazzini: «Sono stato picchiato da un poliziotto». Che oggi, a distanza di oltre tre anni, è stato condannato a un anno e tre mesi di carcere.
I fatti sono avvenuti l'11 novembre 2020 in via Sanremo a Mirafiori: «E' un atto semplice nella sua gravità, che va contestualizzato all’epoca del lockdown - ha ripercorso oggi in aula il pubblico ministero Gianfranco Colace - Era il periodo in cui le forze dell'ordine inseguivano chi andava a correre sul lungomare, per esempio. In questo caso hanno violato la zona rossa, hanno incrociato un altro gruppo e hanno deciso di fare uno scherzo alla polizia».
In pochi minuti sono arrivate le volanti e gli agenti hanno inseguito a piedi i ragazzini. Poi ci sarebbe stata l'aggressione al 17enne torinese: "E' caduto e ha sbattuto la faccia" ha sostenuto il poliziotto, accusato anche di aver falsificato il verbale per "coprire" la sua aggressione: «In quel caso ci sarebbero state lesioni diverse - è convinto Colace, che ritiene credibile la versione del ragazzo, assistito dall'avvocato Monica Carossa - Ha riportato delle ferite al petto, riscontrate in ospedale e con una consulenze tecnica non contestata da nessuno. La verità è che è stato preso e buttato a terra, poi picchiato, sbattuto sul cofano dell’auto e ammanettato».
Il pm non ha dubbi e ha chiesto una condanna a un anno e 8 mesi di reclusione per il giovane agente, difeso dagli avvocati Silvia Schiavo e Claudio Altini (e nel frattempo trasferito da Torino): «In questa vicenda, l’ago della bilancia della credibilità pende tutto da una parte, purtroppo. Dico purtroppo perché è triste mettere sul banco degli imputati un servitore dello Stato come noi. Ma su certe vicende non si può chiudere gli occhi e girarsi da un’altra parte: é evidente che ci sia stato un eccesso e che la persona offesa è stata presa a calci e pugni. Lo dicono le conseguenze e non c’è una spiegazione alternativa: è stato un pestaggio gratuito a un minorenne inerme e minuto». Una tesi evidentemente condivisa dai giudici di primo grado, che hanno scelto per una pena di cinque mesi inferiore rispetto a quello richiesto dall'accusa.
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