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Il processo

«Hanno occupato quell'edificio per salvare i migranti»: così 18 attivisti sono stati assolti

Per i giudici, gli imputati offrivano aiuto a famiglie con bambini a rischio ipotermia

«Hanno occupato quell'edificio per salvare i migranti»: così 18 attivisti sono stati assolti

Occupare un immobile per ospitare migranti in fuga, tra cui donne e bambini, non è reato. E non va punito perché, come prevede l’articolo 54 del codice penale, è «un gesto costretto dalla necessità di salvare altri dal pericolo di un danno grave alla persona»: per questo la Corte d’appello ha assolto i 18 attivisti che avevano occupato una ex casa cantoniera a Oulx, in Vasusa, per dare assistenza ai migranti che tentavano di andare in Francia. «Una soddisfazione dopo che in primo grado era arrivata l’assoluzione per tenuità del fatto - dichiara l’avvocato Sara Gamba che, come il collega Danilo Ghia, assisteva alcuni degli imputati - Ora i giudici hanno riconosciuto che i nostri assistiti non hanno commesso un reato ma hanno fatto del bene».

Gli attivisti avevano occupato l’edificio di Oulx dal dicembre 2018 al giugno 2019 ( quando ci fu lo sgombero della polizia): l’edificio, inutilizzato, era diventato una struttura in grado di accogliere migranti infreddoliti, affamati e senza un adeguato abbigliamento per affrontare la traversata del colle della Scala, rotta percorsa per raggiungere la Francia dall’autunno 2017.
In questo contesto, come scriveva la giudice Alessandra Danieli nella sentenza di primo grado, l’unica «struttura dedita all’accoglienza e all’ospitalità dei migranti diretti in Francia era il Rifugio Massi, all’epoca dei fatti aperto solo di notte e con un capienza massima di 20 o 30 persone». Ecco perché gli imputati avrebbero fornito una «azione di supporto» a persone bisognose, come riferito anche da don Luigi Ghiampo, gestore del Rifugio Massi e testimone durante il processo.

«Alla casa cantoniera - sottolinea la giudice - spesso trovavano rifugio famiglie con bambini che altrimenti avrebbero rischiato l’ipotermia». Per questo, in primo grado, era arrivata l’assoluzione per tenuità del fatto. Ora la Corte d’appello è andata oltre e ha assolto con formula piena.

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