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L'editoriale
19 Giugno 2025 - 06:00
Non c'è niente che gli italiani amino di più che manifestare sdegno verso gli affari altrui. Specie quando quegli affari sono sfarzosi, dorati, internazionali e, soprattutto, americani. Questa volta, a scatenare l’irrefrenabile vocazione al ridicolo è il matrimonio veneziano di Jeff Bezos. L’uomo più ricco del mondo ha osato scegliere il Canal Grande come sfondo per il suo fatidico sì e, come da protocollo italico, subito sono scattate le minacce di protesta. Ma chi sono gli impavidi manifestanti pronti a guastare la festa? Gli ambientalisti? Gli attivisti anti-capitalismo? No, signori: l’ANPI.
Ora, prima che qualcuno chiami un dottore per verificare lo stato mentale collettivo, ricordiamo chi è l’ANPI. È, o meglio era, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Reduci veri, quelli che – storia alla mano – combatterono e contribuirono alla liberazione del paese. Oggi, però, quegli autentici protagonisti sono tutti quasi centenari o – più realisticamente – non ci sono più. Al loro posto, un esercito di nipoti e pronipoti cresciuti a pane, retorica e narrazioni agiografiche. Convinti che i loro nonni abbiano sbaragliato, da soli e senza alcun aiuto, l'intera Wehrmacht, gli epigoni dell’ANPI hanno deciso di aggiornare il loro mandato antifascista: ora sono pronti a scendere in piazza per fermare le nozze del padrone di Amazon.
È vero che Bezos rappresenta la quintessenza del capitalismo contemporaneo, ma che c'entra con la Resistenza? Nulla, naturalmente, ma questo non ha mai fermato nessuno dal prodursi in una bella manifestazione. Del resto, a voler trovare una logica, ci sarebbe da chiamare in causa anche Garibaldi: perché no, una bella manifestazione contro Elon Musk, anch'egli molto ricco e dunque meritevole d'indignazione? Immaginate una parata di reduci garibaldini (rievocatori in pensione con baffi e camicie rosse d’ordinanza) indignati contro l'uomo che ha osato dichiarare di voler conquistare Marte senza prima chiedere permesso a Caprera.
Ma l’ANPI di oggi è così: un’associazione che sembra rimasta prigioniera della propria epopea, incapace di distinguere fra la legittima memoria storica e una grottesca nostalgia di piazza. Una nostalgia che, evidentemente, non disdegna di inglobare personaggi discutibili come Francesco Moranino, "eroe" partigiano noto più per i compagni di lotta massacrati che per azioni nobili di liberazione. O come Moscatelli e Toffanin, campioni indiscussi dell’eliminazione fisica preventiva del dissenso interno, rigorosamente non comunista.
Provate a immaginare gli invitati al matrimonio di Bezos che, incuriositi dalla protesta, googleranno diligentemente "ANPI" scoprendo un'associazione di reduci che si scaglia contro le nozze del loro anfitrione. Chissà quale idea di stravaganza italiana ne trarranno: probabilmente rafforzeranno il loro convincimento che l’Italia sia un paese tanto bello quanto incomprensibile, abitato da un popolo che ama, sopra ogni cosa, complicarsi la vita.
E non è forse l’ennesima conferma che in Italia tutto diventa politica, pure i matrimoni altrui? Da noi, dove l'antifascismo si è ormai ridotto a comoda etichetta per ogni rivendicazione del presente, il matrimonio di Bezos non è una semplice celebrazione, ma diventa pretesto per la solita, insostituibile manifestazione.
C’è poi la questione del messaggio che l’ANPI, involontariamente, trasmette al mondo. "Siamo qui per protestare contro un miliardario perché sì, perché possiamo, perché ci piace fare rumore". Una protesta non solo anacronistica ma tragicomica, utile solo a dare ai media stranieri l’occasione per ridere (amaramente, s'intende) della nostra proverbiale follia nazionale.
Che poi, diciamolo, se veramente volessero dimostrare contro il capitalismo selvaggio, perché non prendersela con le multinazionali che sfruttano quotidianamente manodopera sottopagata o che devastano ambienti in giro per il mondo? Ma no, troppo complicato e troppo poco glamour. Meglio manifestare sul Canal Grande, tra gondole e yacht da cento metri, offrendo al mondo l’immagine di un paese che preferisce perdere tempo a combattere battaglie immaginarie piuttosto che affrontare questioni reali.
Insomma, quello che l’ANPI non sembra voler capire è che certe battaglie non si vincono facendo rumore davanti a un palazzo veneziano durante le nozze più glamour dell’anno. Anzi, con questa ridicola iniziativa non fanno altro che regalare a Bezos una pubblicità impagabile. E, nel farlo, mostrano al mondo intero che in Italia l'unico fascismo che veramente si teme è quello delle idee chiare, della serietà e, soprattutto, del buon senso.
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