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Politica estera
04 Luglio 2025 - 07:00
Donald Trump ha rotto il silenzio. Poco prima di salire sull’aereo per l’Iowa, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato: “Non ho fatto nessun progresso sull’Ucraina con Putin”. Una frase secca, che fotografa l’impasse diplomatica tra Washington e Mosca, e lascia trasparire l’irritazione dell’ex tycoon: “Ho detto a Putin che non sono contento della situazione in Ucraina”.
Trump ha anche smentito le accuse di aver interrotto gli aiuti militari a Kiev. “Abbiamo fornito armi e continueremo a farlo”, ha spiegato, “ma dobbiamo assicurarci di averne abbastanza per noi”. Una precisazione che suona come una giustificazione e che fa il paio con il clima interlocutorio della recente telefonata con il leader del Cremlino.
La chiamata tra Trump e Vladimir Putin, giunta all’indomani dell’annuncio shock della Casa Bianca di voler sospendere l’invio di armamenti all’Ucraina, non ha prodotto alcun cambio di rotta. Anzi, ha confermato che lo schema per una pace accettabile per Kiev resta lontano. “Non rinunceremo ai nostri obiettivi – ha avvertito Putin – bisogna eliminare le cause profonde del conflitto”. Un monito che non lascia spazio a equivoci.
Mentre lo stallo avanza, Volodymyr Zelensky si muove sul fronte europeo. Il presidente ucraino è atterrato ad Aarhus, in Danimarca, in coincidenza con l’avvio del semestre di presidenza danese dell’UE. Una visita mirata, strategica, con un obiettivo chiaro: rafforzare il sostegno militare europeo nel timore di un progressivo disimpegno americano. Missione riuscita solo a metà, perché senza la spina dorsale di Washington, anche la determinazione scandinava rischia di non bastare.
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