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IL PROCESSO
18 Luglio 2025 - 07:00
Nel processo a carico del professore che insegnava Cucina all'IStituto Ubertini di Caluso, Daniele Finotto, in corso al tribunale di Ivrea, la parola “complotto” non è più solo una suggestione della difesa. È entrata in aula attraverso due testimonianze dirette, che hanno messo in discussione il fronte accusatorio. A parlare sono state Manuela Muzzolini, docente all’Istituto Ubertini e referente per il benessere degli studenti, e Pasqualina Pane, collaboratrice scolastica da trent’anni. Secondo quanto riferito da quest’ultima, una delle studentesse – indicata in aula con il nome fittizio di Elisa – avrebbe ammesso di aver inventato le accuse per “non essere esclusa dal gruppetto”. “Lo ha fatto per compiacere un’amica”, ha detto la testimone. Poi, sarebbe stata sopraffatta dal senso di colpa. “Piangeva, non mangiava, perdeva peso e capelli. Con me parlava. Mi ha detto: non era vero. L’ho detto per entrare nel gruppo”. Nel corso dell’udienza è stato riferito anche un altro episodio: una ragazza, parlando con un’amica, avrebbe dichiarato di aver aderito alle accuse “per soldi”. Avrebbe aggiunto che il fidanzato “vuole aprire una pizzeria”. La Corte ha disposto l’audizione della madre di Elisa, descritta come sconvolta dalla situazione, al punto da affidare la figlia a uno psicologo. Poi, è stato l'imputato a parlare. Daniele Finotto ha risposto alle domande ricostruendo la propria carriera iniziata nel 1987, tra Torino, Parigi, Inghilterra e il carcere minorile, fino all’approdo all’Ubertini di Caluso. “Insegnare è la mia vita”, ha detto. Da tre anni è sospeso dal servizio, con stipendio dimezzato e un mutuo da pagare per una casa acquistata otto giorni prima della denuncia. “Non posso avvicinarmi a Caluso. Molti colleghi non mi parlano più. Mi manca tutto”.
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