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Il caso

Rancori di famiglia: a processo due settantenni per stalking contro l’ex genero

Gli imputati, difesi dall’avvocata Marina Spandre, negano ogni accusa: «Incomprensioni familiari»

Rancori di famiglia: a processo due settantenni per stalking contro l’ex genero

Una storia di rancori che da tempo aveva smesso di essere solo una questione privata. Al Tribunale di Ivrea, due anziani coniugi di Castellamonte, Grazia Maria Letizia Banfi e Antonio Marinelli, sono a processo per atti persecutori ai danni dell’ex genero, Leonardo Orefice, e della sua attuale moglie, Simona Simondi.
Dietro le quinte, un matrimonio finito male e un odio che, secondo l’accusa, si è trasformato in una persecuzione metodica: telefonate, pedinamenti, insulti, foto scattate di nascosto, appostamenti sotto casa. I fatti, raccontati in aula, partono dalla fine del 2022. Orefice e Simondi convivono da poco nella frazione Argentera di Rivarolo Canavese. Lei, parrucchiera in via Romana a Castellamonte, decide di regalare al marito due biglietti per un viaggio a Napoli. Un gesto semplice. Ma, da lì, tutto precipita.
«Grazia mi insultò al telefono — ha raccontato Simondi — dicendo che ero una poco di buono e che avrebbe fatto di tutto per distruggerci». Pochi giorni dopo, iniziano gli appostamenti.
«La prima volta li ho visti il 5 marzo 2023, di domenica mattina — ha detto Simondi —. Lui guidava, lei mi fotografava dall’auto». Quattro giorni dopo, all’alba, la stessa scena: la signora Banfi davanti a casa, cellulare in mano, a scattare altre foto.
Gli episodi si ripetono: davanti al salone, al supermercato, perfino a Viverone, dove la coppia era andata per una passeggiata. «Non so come ci abbiano trovati — ha aggiunto Orefice — ma erano lì, come se ci seguissero». Una presenza continua, invasiva. E poi le offese, le minacce, gli episodi di danneggiamento. «A mio padre dissero che ero una rovinafamiglie — ha raccontato Simona —. Poi trovammo la gomma dell’auto tagliata».
Un copione, secondo Orefice, che si ripete da anni: «Con la mia ex moglie è finita nel 2013, divorziati nel 2018. Ho sempre cercato di restare vicino ai miei figli, ma la madre e i nonni hanno reso tutto impossibile».
E ancora: «Già con una mia precedente compagna era successo: la seguivano, la filmavano, la insultavano. Con Simona è stato peggio. Mi dicevano che me l’avrebbero fatta pagare in tutti i modi». Il clima di paura ha cambiato la vita della coppia: niente più supermercati di Castellamonte, percorsi modificati, locali evitati. «Temevamo potessero farci del male — ha detto Simona —. Ogni volta che li vedevo provavo terrore».
Le molestie, secondo le accuse, non si fermano alla strada: anche online, con profili sospetti, richieste di amicizia, voci messe in giro tra amici e vicini. Gli imputati, difesi dall’avvocata Marina Spandre, negano ogni accusa: «Incomprensioni familiari», sostengono. Non stalking, ma litigi degenerati.
La pubblica accusa, però, parla di una “gravità sistematica dei comportamenti”, di una persecuzione che ha costretto le vittime a stravolgere la loro quotidianità. Il procedimento, davanti ai giudici di Ivrea, proseguirà con l’audizione dei testimoni e l’esame dei due imputati.
Se riconosciuti colpevoli, per i coniugi Banfi e Marinelli — settantenni, pensionati, una vita apparentemente ordinaria — la condanna potrebbe arrivare fino a cinque anni di reclusione.

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