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Il caso
25 Ottobre 2025 - 08:00
Una storia di rancori che da tempo aveva smesso di essere solo una questione privata. Al Tribunale di Ivrea, due anziani coniugi di Castellamonte, Grazia Maria Letizia Banfi e Antonio Marinelli, sono a processo per atti persecutori ai danni dell’ex genero, Leonardo Orefice, e della sua attuale moglie, Simona Simondi.
Dietro le quinte, un matrimonio finito male e un odio che, secondo l’accusa, si è trasformato in una persecuzione metodica: telefonate, pedinamenti, insulti, foto scattate di nascosto, appostamenti sotto casa. I fatti, raccontati in aula, partono dalla fine del 2022. Orefice e Simondi convivono da poco nella frazione Argentera di Rivarolo Canavese. Lei, parrucchiera in via Romana a Castellamonte, decide di regalare al marito due biglietti per un viaggio a Napoli. Un gesto semplice. Ma, da lì, tutto precipita.
«Grazia mi insultò al telefono — ha raccontato Simondi — dicendo che ero una poco di buono e che avrebbe fatto di tutto per distruggerci». Pochi giorni dopo, iniziano gli appostamenti.
«La prima volta li ho visti il 5 marzo 2023, di domenica mattina — ha detto Simondi —. Lui guidava, lei mi fotografava dall’auto». Quattro giorni dopo, all’alba, la stessa scena: la signora Banfi davanti a casa, cellulare in mano, a scattare altre foto.
Gli episodi si ripetono: davanti al salone, al supermercato, perfino a Viverone, dove la coppia era andata per una passeggiata. «Non so come ci abbiano trovati — ha aggiunto Orefice — ma erano lì, come se ci seguissero». Una presenza continua, invasiva. E poi le offese, le minacce, gli episodi di danneggiamento. «A mio padre dissero che ero una rovinafamiglie — ha raccontato Simona —. Poi trovammo la gomma dell’auto tagliata».
Un copione, secondo Orefice, che si ripete da anni: «Con la mia ex moglie è finita nel 2013, divorziati nel 2018. Ho sempre cercato di restare vicino ai miei figli, ma la madre e i nonni hanno reso tutto impossibile».
E ancora: «Già con una mia precedente compagna era successo: la seguivano, la filmavano, la insultavano. Con Simona è stato peggio. Mi dicevano che me l’avrebbero fatta pagare in tutti i modi». Il clima di paura ha cambiato la vita della coppia: niente più supermercati di Castellamonte, percorsi modificati, locali evitati. «Temevamo potessero farci del male — ha detto Simona —. Ogni volta che li vedevo provavo terrore».
Le molestie, secondo le accuse, non si fermano alla strada: anche online, con profili sospetti, richieste di amicizia, voci messe in giro tra amici e vicini. Gli imputati, difesi dall’avvocata Marina Spandre, negano ogni accusa: «Incomprensioni familiari», sostengono. Non stalking, ma litigi degenerati.
La pubblica accusa, però, parla di una “gravità sistematica dei comportamenti”, di una persecuzione che ha costretto le vittime a stravolgere la loro quotidianità. Il procedimento, davanti ai giudici di Ivrea, proseguirà con l’audizione dei testimoni e l’esame dei due imputati.
Se riconosciuti colpevoli, per i coniugi Banfi e Marinelli — settantenni, pensionati, una vita apparentemente ordinaria — la condanna potrebbe arrivare fino a cinque anni di reclusione.
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