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Salute e prevenzione
28 Novembre 2025 - 13:10
Con l’avvicinarsi della Giornata mondiale contro l’Aids, l’Ecdc e l’Oms Europa hanno pubblicato un nuovo rapporto che mette in luce una situazione critica: l'Hiv continua a circolare e le diagnosi avvengono troppo spesso in ritardo. Nel 2024, più della metà delle nuove diagnosi nella Regione europea dell’Oms è stata effettuata quando il sistema immunitario dei pazienti era già compromesso, con una conta dei CD4 sotto le 350 cellule/mm³ nel 54% dei casi. Questo ritardo aumenta il rischio di sviluppare Aids, di trasmettere il virus e di avere esiti clinici gravi.
Il problema non riguarda solo i tempi della diagnosi, ma anche il numero crescente di persone che convivono con l’infezione senza esserne consapevoli. Gli esperti parlano di una “crisi nascosta”: un fenomeno che continua a crescere nonostante l’espansione dei programmi di testing negli ultimi anni.
Oltre 105mila nuove diagnosi nel 2024
Secondo i dati dell’Oms, nel 2024 sono state registrate 105.922 nuove diagnosi nella Regione europea. Pur mostrando un leggero calo rispetto al 2023, il quadro epidemiologico è molto frammentato: undici Paesi hanno riportato un aumento dei casi, mentre altri hanno registrato una riduzione. In particolare, la Federazione Russa ha contribuito a ridurre la media regionale grazie a un calo del 40% delle diagnosi negli ultimi cinque anni, senza però segnalare un reale contenimento della diffusione, soprattutto nell’Europa orientale, dove il virus rimane ampiamente presente.
Aumenta la trasmissione eterosessuale e l’impatto della mobilità
Il rapporto evidenzia una crescita costante della trasmissione eterosessuale, che oggi rappresenta il 64% delle nuove diagnosi a livello regionale, e quasi l’80% in Europa orientale. Inoltre, circa un terzo delle diagnosi riguarda persone nate all’estero, sottolineando l’urgenza di servizi di prevenzione accessibili e culturalmente adeguati per chi incontra barriere linguistiche, sociali o amministrative.
Diagnosi tardive nell’Ue/See: quasi la metà dei casi
Nei Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo sono state notificate 24.164 diagnosi, pari a 5,3 casi ogni 100mila abitanti, con quasi una diagnosi su due effettuata in ritardo. La trasmissione tra uomini che fanno sesso con uomini resta la più comune, ma l’eterosessuale è in crescita, arrivando al 46% dei casi. Un dato significativo riguarda i migranti, soprattutto provenienti dall’Africa sub-sahariana, a conferma della difficoltà di raggiungere popolazioni vulnerabili con strumenti di prevenzione efficaci e inclusivi.
Testing in crescita, ma insufficiente
Tra il 2015 e il 2024 il numero di test Hiv è aumentato del 62% nei Paesi con dati comparabili. Nonostante il progresso, il virus non è ancora sotto controllo: il testing non raggiunge pienamente le persone più a rischio, e molti Stati forniscono dati incompleti o non distinguono tra nuove diagnosi e casi già noti, limitando la capacità di intervento mirato.
Negli ultimi dieci anni i nuovi casi di Aids si sono dimezzati e la mortalità correlata è calata del 47%, ma persistono differenze marcate tra Est e Ovest. In alcune zone dell’Europa orientale, le diagnosi tardive superano il 60%, e la tubercolosi rimane una delle principali condizioni associate all’Aids. La trasmissione madre–figlio è stabile, con circa 500 nuovi casi all’anno, anche se in alcuni Paesi dell’Est è stata ridotta della metà dal 2015.
Oms: “Lo stigma ostacola la diagnosi”
“L’aumento delle persone che convivono con l’Hiv senza saperlo rappresenta la vera crisi silenziosa – sottolinea Hans Kluge, direttore Oms Europa –. Senza eliminare lo stigma e la discriminazione, non sarà possibile invertire la tendenza. Molti non si sottopongono ai test pur avendone bisogno”.
Ecdc: “Portare i test nelle comunità”
Pamela Rendi-Wagner, direttrice Ecdc, evidenzia l’urgenza di un cambio di passo: “Quasi metà delle diagnosi nell’Ue/See arriva troppo tardi. Serve innovare le strategie di testing, diffondere gli autotest, rafforzare la presenza delle comunità e garantire percorsi rapidi verso le cure”. L’obiettivo è intercettare chi non accede ai sistemi sanitari tradizionali: giovani, migranti, persone fragili e uomini eterosessuali che sottovalutano il rischio.
Il messaggio del rapporto è chiaro: l’Europa non è fuori strada, ma deve accelerare. Per raggiungere l’obiettivo 2030 servono test diffusi, servizi inclusivi, sistemi informativi solidi e una lotta decisa allo stigma.
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