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Il fatto

Milano vieta le keybox dal 2026: stretta definitiva sugli affitti brevi

Le cassette porta-chiavi installate sul suolo pubblico dovranno essere rimosse: previste multe per chi non si adegua

Milano vieta le keybox dal 2026: stretta definitiva sugli affitti brevi

Dal gennaio 2026 Milano dirà ufficialmente addio alle keybox, le cassette automatiche usate per la consegna delle chiavi negli affitti brevi. Il Consiglio comunale ha approvato una delibera che impone la rimozione di questi dispositivi, sempre più diffusi negli ultimi anni e ormai presenti in ogni angolo della città. Il provvedimento concede ai proprietari e ai gestori degli appartamenti un periodo di 30 giorni per adeguarsi, trascorso il quale scatteranno sanzioni comprese tra 100 e 400 euro, oltre ai costi di rimozione a carico degli stessi affittuari.

Il divieto riguarda tutte le strutture installate sul suolo pubblico, comprese componenti dell’arredo urbano, segnaletica, cancellate e pali dell’illuminazione. Secondo il promotore della delibera, il consigliere del Partito Democratico Michele Albiani, le keybox hanno finito per occupare irregolarmente spazi comuni trasformandoli in un’estensione del mercato degli affitti brevi. Albiani ha definito queste cassette “dispositivi anonimi e non tracciabili, montati da chiunque e in qualsiasi luogo”, sottolineando la necessità di “restituire lo spazio pubblico alla collettività”.

Il capoluogo lombardo si aggiunge così ad altre città italiane che hanno già avviato un’azione simile contro l’uso indiscriminato delle keybox. Firenze, per esempio, ha approvato lo scorso febbraio una delibera che ne vieta l’installazione sui beni pubblici, imponendo la rimozione entro pochi giorni e stabilendo sanzioni specifiche per chi non si adegua. Anche Roma, Bologna e Venezia hanno avviato operazioni di contrasto, motivate soprattutto da esigenze di decoro urbano e da questioni legate alla sicurezza.

A Milano la decisione nasce dal fatto che queste cassette consentono un check-in completamente autonomo, senza alcuna autorizzazione per l’occupazione del suolo pubblico e senza versare il relativo corrispettivo economico. Per l’amministrazione si tratta quindi di un uso improprio di un bene comune a vantaggio di soggetti privati. Con il divieto, il Comune punta a regolamentare in modo più rigoroso il settore degli affitti brevi e a limitare le ricadute negative sulla città.

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