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Il caso
18 Dicembre 2025 - 16:36
Oggi in aula alla Corte d’Assise d’Appello si è svolto un nuovo capitolo del processo per la morte di Serena Mollicone, la giovane di 18 anni uccisa ad Arce. A sorprendere i presenti è stata la presenza del maresciallo Gaetano Evangelista, ex comandante della caserma locale, che ha fornito dettagli cruciali sulle indagini condotte dopo il suo insediamento nel 2004, tre anni dopo il delitto.
Evangelista ha raccontato di aver raccolto informazioni riguardanti possibili coinvolgimenti dei carabinieri nel caso e di aver redatto un’informativa dettagliata per il colonnello Caprio del Nucleo investigativo di Frosinone. Tuttavia, secondo il maresciallo, il documento gli fu restituito con l’invito a rimuovere qualsiasi riferimento a Mottola e ad altri militari. «Non ho modificato nulla – ha spiegato – altrimenti sarebbe diventato un foglio bianco». L’informativa arrivò al pubblico ministero solo cinque mesi dopo.
Il contenuto del documento, già noto, supporta diversi elementi dell’accusa che in precedenza erano stati esclusi nei gradi di giudizio precedenti, ma che la Cassazione ha chiesto di riesaminare nell’Appello bis in corso. Tra i punti discussi vi sono la registrazione errata della segnalazione sull’auto del figlio di Mottola, il ritrovamento del telefono di Serena in un cassetto già ispezionato e la testimonianza tardiva della barista che affermava di aver visto il ragazzo con la vittima. L’accusa contesta inoltre l’autenticità di un ordine di servizio dell’1 giugno 2001, ritenuto potenzialmente falsificato.
Evangelista ha anche riportato quanto rivelato da Santino Tuzi, il brigadiere suicidatosi successivamente, che avrebbe visto Serena entrare nell’appartamento dei Mottola, descrivendo con precisione il suo abbigliamento e gli oggetti personali. La precisione del racconto di Tuzi è stata confermata anche da un altro testimone, Marco Sperati del comando provinciale di Frosinone, in particolare riguardo alla borsetta della vittima, che non fu mai ritrovata.
All’inizio dell’udienza, il maresciallo Mottola ha rilasciato dichiarazioni spontanee difendendo sé stesso e la famiglia: «Non sappiamo nulla del delitto. Tuzi si è tolto la vita per la vergogna di aver coinvolto mio figlio. Contro di noi ci sono solo illazioni e teorie costruite per fare carriera».
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