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Francesco, falegname senza tempo: «E oggi realizzo scacchi per i nipoti»

francesco gagino falegname gn

La pensione non gli ha tolto la voglia di occuparsi del suo laboratorio. Due stanzoni alla periferia di Torino, nel quartiere Bertolla, in cui Francesco Gagino, 76 anni, conserva gelosamente tutti i suoi ricordi. Per cinquantanni, infatti, Francesco, di professione falegname, si è occupato di realizzare mobili, divani e tutto quanto concerne il suo mestiere. Imparando il lavoro dal papà e ancora prima dal nonno. Oggi gli attrezzi del mestiere sono conservati in un’ala del deposito, insieme a una bicicletta, quadri e a un lampadario. Oltre a riconoscimenti e gratificazioni.

Nel laboratorio dell’artigiano spiccano anche carta vetrata, pialle, seghe, seghetti e martelli. E tutto ciò che serve per ricavare e lavorare il legno. «Una volta - racconta Francesco -, lavoravamo tutto a mano, senza utilizzare i macchinari che la tecnologia ci ha poi reso disponibili». Originario di Cassine, in provincia di Alessandria, Francesco ha girato il Piemonte da giovane. Passando da Acqui Terme e poi da Torino, dove si è stabilizzato. «Adesso mi limito a portare avanti qualche lavoretto e poco altro» racconta l’artigiano, molto conosciuto nel quartiere. Il falegname, però, ha deciso di utilizzare la sua passione e le sue conoscenze anche per fare qualche regalo ai nipoti: come gli scacchi fatti a mano, conservati all’ingresso della bottega. «Per realizzare i primi otto pezzi - racconta, sorridendo -, ci ho messo due giorni e mezzo. Ci va del tempo, è un lavoro lungo e infatti non sempre riesco a essere preciso».

E sugli scacchi Francesco può raccontarci un aneddoto. «In verità all’inizio li ho cercati su internet, poi ho visto quanto costavano (dieci euro al pezzo) e ho pensato che li avrei potuti fare io. Risparmiando anche parecchi soldi». Per il consigliere della Circoscrizione 6, Adriano Barbieri, collezionista da sempre di reperti che raccontano la storia di un mestiere (il parrucchiere) «è importante, oggi come oggi, prendersi cura dei beni che abbiamo sul territorio. Affinché siano tramandati alle generazioni future». Come l’arte di un falegname o come un museo in grado di raccontare storie antiche che nessuno conosce più. Ma chi erediterà l’arte di Francesco? A questa domanda il 76enne non ha una risposta da fornire. «Ho dei figli ma sono già grandi e ancora nessuno si è fatto avanti...».

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