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13 Dicembre 2022 - 13:09
Vale la pena, passeggiando fra i grattacieli di New York e ammirando vetrine addobbate per il Natale, lasciare per un attimo l’atmosfera da film che la grande mela sa regalare in questo periodo e riscoprire, attraverso due diverse mostre, l’arte di altrettanti nomi indimenticabili del Novecento: Bruno Munari e Edward Hopper. All’italiano è dedicata l’esposizione organizata da The Center for Italian Modern Art (Cima) e curata da Steven Guarnaccia che raccoglie più di 130 pezzi fra libri, oggetti e opere d’arte. Il percorso rivela le connessioni fra le sperimentazioni introdotte da Munari nei libri per l’infanzia e i suoi più iconici oggetti di design.
Un viaggio nella mente e nella creatività di uno dei più importanti design e scrittori italiani che con i suoi lavori ha influito su grafica, cinema, disegno industriale, editoria. La mostra rimarrà visibile fino al 14 gennaio. Dal Cima al Whitney Museum of American Art per ammirare, fino al 5 marzo, “Edward Hopper’s New York”, curata da Kim Conaty, Steven e Ann Ames con Melinda Lang. Un titolo più che azzeccato per un artista con New York disegnata nelle mente e nelle emozioni, un luogo dove visse tanto, dal 1908 al 1967.
Per lui era una città che prendeva forma attraverso l’esperienza vissuta, la memoria e l’immaginario collettivo. «La città americana che conosco meglio e che mi piace di più», dichiarò in tarda età. Nella sua arte, però, non si immagini di vedere la New York classica, quella dei grattacieli, anzi. Evitando lo skyline iconico della città e i punti di riferimento pittoreschi, come il ponte di Brooklyn e l’Empire State Building, Hopper ha rivolto la sua attenzione verso gli angoli più sconosciuti e fuori mano, affascinato dal legame tra vecchio e nuovo, civico e residenziale, pubblico e privato, che ha catturato i paradossi di una città in forte cambiamento. Esemplare la sua opera più nota, “I nottambuli” (1942), che trasporta chi l’ammira nel cuore delle notti newyorkesi.
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