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Dalla toma ai salumi: i nostri prodotti Dop valgono 1,3 miliardi

piemonte dop igp

Un patrimonio da 1,3 miliardi di euro. E solo per quello che è il valore di produzione. Sono le 82 eccellenze nostrane che portano sull’etichetta il marchio della Denominazione d’Origine Protetta o dell’Indicazione Geografica Protetta. Dop e Igp, appunto, che nell’ultimo Rapporto Ismea “Qualivita 2021” sui comparti agroalimentare e vitivinicolo in Italia rivelano quanto alto sia l’impatto economico di vini, formaggi, ortofrutta e carni fresche: 361 milioni di euro nel piatto e più 1,027 miliardi in calice o nel bicchiere. Tome, carni crude o pesci d’acqua dolce che, oltre ai frutti della vigna, confermano il Piemonte al quarto posto in Italia nella classifica annuale stilata dall’Istituto per i Servizi del Mercato Agroalimentare di Roma, grazie a una produzione cresciuta del 2,7% anche nel primo anno di pandemia e una filiera che conta oltre 12mila operatori.

Non a caso si estende la mobilitazione di agricoltori ed allevatori con un “blitz” in pieno centro a Torino per denunciare una situazione insostenibile e salvare le produzioni simbolo dalle speculazioni e dall'aumento dei costi. L'appuntamento è per oggi in piazza Vittorio Veneto dalle 10 con gli allevatori e gli agricoltori che lasceranno campagne con animali e trattori al seguito.

ORO NEL PIATTO In Italia l’ortofrutta di alta qualità garantita ha segnato una crescita del 26,9% con una produzione da 404 milioni nel 2020. Ed è proprio in questo settore che il Piemonte spicca insieme con Trentino Aldo Adige e Sicilia. Riso di Baraggia da Biella e Vercelli, mele rosse, fagioli e castagne da Cuneo, marroni della Valsusa. E poi la “regina” con il guscio, la nocciola che è un valido esempio per capirne il mercato. Nel 2020 la produzione certificata di questo semplice ma prezioso gioiello della natura ha segnato un +24,0% arrivando a 11.399 tonnellate per un valore di circa 40 milioni di euro. Che diventano 85 quando si arriva a fare i conti con il consumatore e il prodotto finale in ogni sua forma. Sul formaggio, invece, si calcola un impatto economico da 314 milioni di euro per merito di specialità come Bra, Castelmagno, Murazzano, Ossolano, Raschera, Robiola di Roccaverano e Toma ma anche di prodotti interregionali come Gorgonzola, Grana Padano e Taleggio. Vale 3 milioni di euro la filiera di carni e derivati con il Crudo di Cuneo e il Salame Piemonte o il Vitellone piemontesi della coscia. Mortadella Bologna, Salame Cremona e Salamini italiani alla cacciatora completano il quadro degli interregionali, mentre tra le specialità ittiche spicca solo la Tinca gobba dorata del pianale di Poirino. Una specialità che da quelle parti è particolarmente amata in carpione oppure fritta nel burro chiarificato.

E NEL BICCHIERE Il vino merita un capitolo a parte in Piemonte con 1,027 miliardi di impatto economico per cui la produzione è seconda solo a quella del Veneto. Sessantadue qualità che vanno dall’Alta Langa al Ruchè di Castagnole Monferrato, passando dalla Freisa al Nebbiolo con l’80% del vino prodotto a denominazione di origine. L’uva che li origina proviene anche da una ventina di vitigni autoctoni storici, tra cui Arneis, Cortese, Dolcetto, Erbaluce, Favorita, Moscato Bianco, Barbera, Bonarda e Brachetto. Tra le eccellenze da degustare nel bicchiere, inoltre, sono state riconosciute con Indicazione garantita anche il Vermouth di Torino tra i cosiddetti “vini aromatizzati” e il Genepy del Piemonte contemplato nell’elenco delle cosiddette “bevande spiritose”. Se nel 2020 è cresciuta la produzione certificata con 24,3 milioni di ettolitri imbottigliati (+1,7%) nel 2021 l’intero settore ha subito una contrazione sui volumi prodotti ma non a discapito della qualità dell’uva che ha fatto segnare una stagione ridotta ma eccellente, nonostante le avversità climatiche.

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