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L'accordo
16 Settembre 2025 - 18:05
La tempesta che ha travolto Puma non accenna a placarsi. In meno di un anno il titolo è crollato da 38 a 19 euro, dimezzando il valore della società e seminando panico tra gli azionisti. Una discesa ancora più amara se confrontata con i 110 euro che un’azione valeva appena quattro anni fa.
Alla base della crisi pesano vendite in calo, un bilancio previsto in perdita e una strategia di marketing giudicata poco coerente con la nuova collocazione del marchio sul mercato. La fiducia degli investitori è crollata e tra i corridoi finanziari si fa sempre più insistente un’ipotesi fino a poco tempo fa impensabile: una fusione con Adidas, la storica rivale nata dallo stesso ceppo familiare.
Il primo a lanciare apertamente la proposta è stato Roy Adams, cofondatore del fondo Metronuclear e azionista Puma, che in un’intervista a Handelsblatt ha parlato di “stato di emergenza” e della fusione come “opzione migliore” se la dirigenza non riuscirà a imprimere una svolta. Secondo Adams, il marchio continua a investire in sponsorizzazioni come se fosse ancora un brand premium, pur avendo perso da tempo la leadership in quella fascia di mercato.
Il malumore si è tradotto anche in una lettera al consiglio di amministrazione, in cui è stata evidenziata la crescente sfiducia degli azionisti di minoranza, penalizzati rispetto al controllo esercitato da Artemis, la holding della famiglia Pinault che possiede circa il 30% della società. Proprio la posizione dei Pinault potrebbe risultare decisiva: sebbene fonti vicine abbiano escluso la vendita “a un livello così basso delle azioni”, non è escluso che la partecipazione venga ceduta in futuro.
Per il momento da Adidas trapela solo silenzio. Un portavoce ha rifiutato di commentare le speculazioni, ma il mercato continua a interrogarsi sulle possibili mosse: un’operazione di fusione avrebbe una portata storica, riportando sotto lo stesso tetto i due marchi fondati dai fratelli Rudolph e Adolf Dassler, protagonisti di una rivalità che ha segnato la storia dello sportswear mondiale.
Molto dipenderà dalla capacità dell’amministratore delegato Arne Freundt, subentrato ad Arthur Hoess, di riportare Puma su un sentiero di crescita, dalle decisioni della famiglia Pinault e dall’eventuale disponibilità di Adidas ad aprire un dossier che fino a ieri sembrava fantascienza.
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