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Economia
26 Dicembre 2025 - 09:35
L’industria italiana riesce a dimostrare una buona capacità di tenuta di fronte ai dazi imposti dagli Stati Uniti, anche se con forti differenze tra territori e settori. A dirlo è uno studio della Banca d’Italia che ha analizzato l’esposizione diretta e indiretta di circa 1,8 milioni di imprese italiane al mercato statunitense, utilizzando dati aziendali e informazioni sui legami di filiera ricavate dalla fatturazione elettronica del 2022, l’ultimo anno disponibile. Secondo la ricerca, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di esportazione dell’Italia al di fuori dell’Unione europea. Tuttavia, le esportazioni dirette verso gli Usa incidono in media solo per il 1,4% sui ricavi complessivi delle imprese. La quota sale però al 3,2% se si considerano anche le esposizioni indirette, cioè quelle che passano attraverso le catene produttive domestiche.
Lo studio segnala inoltre che circa il 20% delle imprese ha già registrato effetti negativi dei dazi nei primi tre trimestri dell’anno, mentre il 25% prevede una flessione dell’attività nell’ultimo trimestre. A livello territoriale, la vulnerabilità non è uniforme: circa il 2% dei sistemi locali del lavoro italiani presenta un’esposizione molto elevata, con vendite dirette e indirette verso gli Stati Uniti superiori al 10% del fatturato.
Nel confronto tra regioni, l’esposizione complessiva (diretta e indiretta) è più alta nel Nord e nel Centro Italia. Toscana ed Emilia-Romagna guidano la classifica, con rispettivamente il 5,3% e il 4,6% dei ricavi legati al mercato statunitense, spinte da settori come vino, cuoio e macchinari. Subito dopo si colloca la Basilicata (4,1%), grazie alla presenza di attività manifatturiere specializzate ed energetiche. Il Piemonte si posiziona poco sotto, ma comunque sopra la media nazionale, con un’esposizione pari al 3,8% dei ricavi. Accanto all’automotive, contribuiscono anche la meccanica strumentale e alcune specializzazioni dell’agroalimentare e delle bevande. Tra i sistemi locali più vulnerabili individuati dallo studio figura anche Canelli, in Piemonte, territorio fortemente legato alla produzione vitivinicola, dove la domanda statunitense ha un peso significativo. In questi contesti, anche variazioni relativamente contenute delle tariffe possono trasformarsi in effetti significativi su fatturato e occupazione.
Sul fronte dei dati più recenti, le statistiche Istat mostrano che a novembre le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti sono diminuite del 3% rispetto allo stesso mese del 2024. Tuttavia, nel complesso dei primi undici mesi del 2025 l’export verso gli Usa è cresciuto del 7,9% su base annua, segnalando una dinamica ancora positiva nonostante il contesto più sfavorevole. A pesare è anche il nuovo quadro tariffario: l’amministrazione Trump ha fissato a fine luglio dazi base del 15% sui prodotti provenienti dall’Unione europea, un livello inferiore alle minacce iniziali ma nettamente più alto rispetto al 2% in vigore a fine 2024. Inoltre l'arrivo della concorrenza cinese mette ancora di più in difficoltà il territorio, posto di fronte a un concorrente che minaccia l'esportazione con i suoi prodotti competitivi.
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