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intervista
08 Settembre 2023 - 17:45
Andrea Braido mentre fa "cantare" la sua chitarra sul palco
Negli anni della collaborazione con Vasco, lo stesso Komandante lo aveva soprannominato “La bestia” per la grinta che mostrava sul palco. Andrea Braido, professione chitarrista, nato a Trento mezzo secolo fa, concluderà domenica 10 settembre (ore 21, ingresso gratuito su prenotazione al sito www.eventbride.it ) a Moncalvo (Asti) l’edizione 2023 di “Monferrato on stage”. Dal rapporto con la musica a quello con gli stessi artisti che ha incontrato sul proprio cammino professionale. Oltre a Vasco, anche Mina, Zucchero e Branduardi.
Cosa si aspetta da questo evento?
«Sono molto curioso ed anche orgoglioso di essere accompagnato da un’orchestra. In fondo, la musica, ha radici comuni e certe progressioni di Bach possono considerarsi all’origine del rock».
Quali sono i brani che esegue più volentieri?
«“Bohemian rapsody” dei Queen e “Pinball wizard” degli Who».
Andrea Braido non è stato sempre un chitarrista...
«Fino a 9 anni ho suonato la batteria perché ero ossessionato dall’idea del ritmo. Poi ho scoperto che si poteva trovare in altro modo. Il brano che mi ha influenzato? “Purple haze” di Jimy Hendrix».
Cos’è la chitarra per lei?
«Un modo per esprimermi».
È vero che i chitarristi sono tutti un po’ narcisi?
«Per quanto mi riguarda, no. Cerco sempre di metter la mia professionalità al servizio degli altri».
Il suo miglior assolo?
«Nel brano di Mina “Raso”. Molti mi ricordano per la collaborazione con Vasco Rossi, ma a me piace spaziare, sconfinando anche nel jazz. Ricordo piacevolmente la mia collaborazione con Angelo Branduardi, un grande artista».
Cosa ha lasciato nella musica di Vasco?
«Una sonorità molto dura. Una vera e propria svolta heavy metal. Era il periodo di canzoni come “Gli spari sopra” e del tour “Fronte del palco”. Torino ha avuto un ruolo fondamentale. I concerti al vecchio stadio Delle Alpi, rimarranno per sempre nella mia memoria».
Cosa pensa dei talent?
«Fermo restando la stima per Mara Maionchi, che considero una grande professionista, non capisco come possa giudicare qualcuno che, spesso, è completamente digiuno di musica e che, magari ascolta un artista per la prima volta decidendone il destino».
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