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La strage delle edicole: metà delle attività costrette a chiudere negli ultimi dieci anni, e nessuno apre

Il futuro incerto delle edicole a Torino: c'è già un tavolo congiunto e in arrivo nuove iniziative ma negli ultimi due anni solo due aperture

La strage delle edicole: metà delle attività costrette a chiudere negli ultimi dieci anni, e nessuno apre

Edicole a Torino decimate. Quasi una su due negli ultimi dieci anni ha abbassato le serrande, mentre i “coraggiosi” che decidono di alzarle sono sempre meno. Il trend continua ad essere questo: al 12 marzo 2025 sono 287 le attività complessive, tra quelle esclusive di vendita di quotidiani e periodici e non - come tabaccherie o benzinai -, quando tre anni fa il numero di chioschi da solo superava le 300 unità. Nell’ultimo quinquennio sono state 110 le chiusure totali, che hanno comportato la perdita quasi di un chiosco su due (passati da 108 a 66). Una vera e propria strage. Già preannunciata dalla tradizionale indagine di Camera di Commercio, che nel Report sulla natimortalità delle imprese torinesi 2024 aveva evidenziato negli ultimi dieci anni: «un decremento delle imprese di vendita al dettaglio di articoli culturali (-35%), al cui interno la categoria che scende maggiormente è quella delle edicole (-45%)», si legge. Passando la lente al solo biennio 2023-2024, poi, la perdita è del 10%

Non sorprendono, quindi, gli ultimi dati evidenziati dall’assessore al Commercio Paolo Chiavarino in Sala Rossa: «dal 2023 sono state due le pratiche di apertura per attività esclusive di vendita quotidiani e periodici, di cui una presso chiosco», ha spiegato in risposta all’interpellanza dell’onorevole e consigliera d’opposizione in quota Lega Elena Maccanti.

Ma ci sarebbero novità in arrivo: «Oltre alle agevolazioni nel pagamento dei canoni di occupazione del suolo (già previste, ndr), siamo al lavoro con gli Uffici Tributi per arrivare con nuove iniziative e individuare il percorso giuridico corretto per i chioschi abbandonati», aggiunge l’assessore.

«Le attendiamo con ansia, perché si tratta - replica Maccanti - di un settore di servizio, che sta vivendo momenti drammatici».

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