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Tajarin, insuperabili spaghetti: superbi con il tartufo o il burro

Tajarin

Qualcuno ha provato a tradurli con alcune orrende diciture italiane: “tagliolini” o ancora “tagliatelli”. Infatti - e per fortuna - questa traduzione improvvisata del più celebre piatto di pasta lunga piemontese non ha molta fortuna, e gli si preferisce la versione in vernacolo: tajarin. Che poi è un nome brillante e fresco, fresco come la pasta all’uovo. Un piatto per le feste, un piatto della domenica, che serve per fare atmosfera e per unire i commensali in un vero e proprio rito laico, per chi è nato al di qua del Ticino.

Citati addirittura nella più classica delle canzoni folk piemontesi, la Monferrina (“ris e còj e tajarin…”, si canta, o forse si cantava...), i tajarin sono gli spaghetti subalpini, sono un seducente e golosissimo primo piatto che in epoca di tartufo, come il mese di novembre, diventa un classico irrinunciabile. Uova, farina, olio d’oliva: per fare i tajarin non serve molto altro, oltre naturalmente all’acqua e al sale. A fare la differenza sono i condimenti, anzi: il condimento per eccellenza, che è il burro. Il pomodoro non si usa granché, al massimo un cucchiaio di conserva per amalgamare le erbe aromatiche. Sarebbe meglio il “comodino” classico, quello con fegatini di pollo e coniglio cotti in acqua e marsala con un soffritto di olio, burro e lardo.

Oppure, quello ancora più classico e semplice: burro. Ma burro buono, quello di alpeggio. Che si senta, il sapore deciso e genuino delle nostre Alpi! E poi, si aggiunga il tartufo. Quello di Langa o di Monferrato, purché sia tartufo piemontese. Un po’ di scagliette del re incontrastato dell’autunno della nostra campagna nobile: solo così ij tajarin possono entrare nella leggenda della cucina sabauda. Certo, forse con il tartufo oggi si esagera un po’, privilegiando la qualità del contorno sulla bontà della pasta. Invece deve essere un tutt’uno, pasta ottima e contorno eccezionale.

Uniti insieme con un buon bicchiere di rosso piemontese; un Barbaresco, magari. O in alternativa un Barolo. O, forse, un Dolcetto, che viene oggi un po’ squalificato, ma che si sposa bene un po’ con tutto. Insomma, basta che sia un rosso passionale e deciso come lo è un piatto di tagliatelli o tagliolini che li vogliate chiamare. Ma noi preferiamo tajarin. E buon appetito.

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