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L'USO DEI COLTELLI

L’emergenza lame sotto la Mole: maranza e giovani sempre più armati

Parigini: «I modelli proposti dal web, tra i social e video musicali trap, normalizzano l’aggressività»

coltello

«Uscendo dall’edificio un adolescente è stato raggiunto e aggredito da un gruppo di coetanei: calci, pugni e schiaffi. Durante l’aggressione uno dei ragazzi avrebbe mostrato minacciosamente un coltello. Prognosi finale 7 giorni».

Questo lo stralcio di un episodio accaduto nel Torinese, raccontato da Alessandro Parigini, comandante vicario della Polizia Locale di Torino alla platea del convegno “Disattivare la paura”

L’utilizzo di armi da taglio tra i giovani è un problema crescente e preoccupante, non solo a Torino. È un fenomeno che assume caratteristiche simili in Italia e in Europa. Se un tempo la preoccupazione erano le cosiddette “baby gang” ora lo sono il “fenomeno maranza”. Liegi, Parigi, Stoccarda, Tampere, Bruxelles, Verona, Bologna, Torino e tante altre: sono 250 città che vivono un’insicurezza urbana dilagante nel mondo giovanile e che hanno aderito al Forum europeo.

In rappresentanza dell’esperienza torinese, insieme all’assessore alla Sicurezza Marco Porcedda, Parigini ha lanciato l’allarme: «I modelli proposti dal web, tra i social e video musicali trap, normalizzano l’aggressività». Il comandante ha sottolineato come il quadro normativo italiano preveda che «anche il semplice porto ingiustificato di un coltello costituisce violazione. Indipendentemente dall’uso che se ne vuole fare».

Ma perché sempre più ragazzi girano armati?
«In primis per una questione di intimidazione Il sentimento di voler prevaricare. Il coltello diventa strumento simbolico di potere. Poi c’è un secondo fenomeno: l’emulazione. Infine, le armi da taglio come senso di protezione rispetto agli spazi aggregativi».

Quali sono questi spazi?
«Sicuramente le piazze, giardini o parchi, centri commerciali, eventi notturni. Sono le aree oggetto di aggregazione e su cui dobbiamo concentrare le nostre attività».

Come si può intervenire?
«La polizia è spesso la prima a intercettare il disagio minorile. È dunque fondamentale la capacità di prevenire piuttosto che reprimere. Le segnalazioni di genitori e insegnanti ci aiutano in questo: il lavoro non può essere solo una questione di sanzioni ma di prevenzioni. Questo vuol dire esserci come istituzione, come prossimità vera. Solo così potremo essere considerati dai giovani credibili. Quando arriviamo in situazioni come l’episodio raccontato prima, vuol dire che siamo arrivati troppo tardi».

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