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Il caso

Lucia aveva due mesi e si è spenta sull'A5: la Procura apre un fascicolo per omicidio

Un incidente autonomo e le tante domande a cui trovare una risposta

Lucia aveva due mesi e si è spenta sull'A5: la Procura apre un fascicolo per omicidio


Aveva una tutina chiara, piccole volpi stampate sul tessuto, le manine minuscole, la pelle del colore delicato che hanno i bambini nelle prime settimane di vita. Si chiamava Lucia. Tra pochi giorni avrebbe compiuto novanta giorni esatti di vita. È lei la piccola vittima del drammatico incidente avvenuto sabato sera sull’A5, intorno alle 20. Era in macchina con la madre, Costanza Fiore, classe 1990, nata a Torino.

La dinamica è ancora al vaglio degli inquirenti, ma dalle prime ricostruzioni sembra trattarsi di un incidente autonomo: nessun’altra auto coinvolta, nonostante all’inizio qualcuno avesse ipotizzato la presenza di un pirata della strada. L’unica certezza è l’impatto violentissimo che ha distrutto la Fiat 500L guidata da Costanza, e che ha sbalzato fuori dall’abitacolo la piccola Lucia. Il suo corpo è stato trovato a pochi centimetri dalla vettura, a due metri l’ovetto. I soccorsi sono arrivati in pochissimi minuti, ma non c’era già più nulla da fare. Guidava la mamma. Su quello stesso tratto di strada, pochi mesi fa - era il 22 giugno - Costanza aveva avuto un altro incidente. Allora era incinta di Lucia. Un’altra paura, un altro schianto, questa volta senza conseguenze apparenti. Stavolta invece la sorte le ha presentato un conto che nessuna madre dovrebbe mai pagare. Sulla scena, sabato sera, regnava un silenzio irreale. Nonostante la presenza di polizia, vigili del fuoco e pattuglie della stradale, nessuno parlava. Un freddo pungente, una luna generosa che illuminava l’asfalto coperto di foglie castane, quasi un cuscino steso dalla stagione per attutire l’orrore. Lì, su quel suolo duro, c’era Lucia. Un corpo minuscolo avvolto in una coperta termica, in attesa del medico legale. Costanza è stata soccorsa e portata all’ospedale Giovanni Bosco di Torino. Non aveva ferite gravi. Quelle della pelle si curano: non così quelle dell’anima. Era sotto shock, incapace di capire come sia stato possibile che in pochi secondi la sua vita si sia capovolta. Il papà di Lucia si chiama Claudio Tonino, psicologo psicoterapeuta, originario di Quincinetto: lì viveva la famiglia. La mamma lavora a Torino, come project manager al TorinoFilmLab. La Torino-Aosta era un tragitto familiare, una strada percorsa molte volte, quasi sempre senza pensieri. La 500 di Costanza, diretta verso Aosta, sembra avesse perso aderenza tra gli svincoli di Settimo e Volpiano. La vettura sarebbe finita contro la segnaletica verticale o contro alcuni alberi, rimbalzando più volte fino a fermarsi contro una siepe che copre il guard-rail. Sul posto sono intervenuti il medico legale Chiara Romagnollo dell’Asl To4, il 118 di Azienda Zero e i vigili del fuoco di Volpiano. A Quincinetto il dolore è una morsa collettiva. «Il paese è sconvolto», dice il sindaco Angelo Canale Clapetto. Lo stesso racconta il primo cittadino di Volpiano, Giovanni Panichelli: «La notizia è circolata rapidamente, erano in corso due manifestazioni importanti. Siamo rimasti colpiti, ci stringiamo alla famiglia». La festa natalizia prevista per oggi a Quincinetto è annullata: lutto cittadino. La procuratrice di Ivrea, Gabriella Viglione, ha confermato l’ipotesi dell’incidente autonomo: «Non risulta che la vettura sia stata travolta. Servono rilievi, foto, misurazioni. L’ipotesi di reato potrà essere omicidio colposo, a carico di ignoti o noti: lo vedremo». Intanto la polizia stradale continua a indagare, a cercare immagini delle telecamere. Sono passate altre auto in quel momento?
Restano domande, le più difficili: nessuno potrà rispondere senza ferire ancora. Lucia era ben agganciata al seggiolino? L’ovetto era regolare? Gli airbag hanno funzionato correttamente? Sono stati loro, forse, a spingerla fuori? I drammi come quello di Lucia sono notizie che nessuno vorrebbe mai scrivere. Ma è proprio in queste storie che la realtà ci costringe a guardare la sua parte più crudele.
Non esiste un termine per definire chi resta. La morte dei genitori rende orfani, quella di un partner rende vedovi. Ma per chi sopravvive ai propri figli non c’è parola. Forse perché l’essere umano non potrà mai accettare questa possibilità: sopravvivere a chi ha generato

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