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L’Armida è vittima dell’erosione: l’isolotto scomparso 90 anni fa

Armida

Il poeta Torquato Tasso, nella sua Gerusalemme Liberata, cantò i magici e seducenti giardini della maga musulmana Armida: il prode cavaliere cristiano Rinaldo, irretito dalla maga, si perse su quest’isola incantata, vittima dei piaceri carnali, fin quando due suoi compagni, i prodi Carlo e Ubaldo, non lo richiamarono all’ordine sfidando essi stessi le insidie dell’isola. Dove si trovava questo luogo di seduzione? Chissà. Di certo, è improbabile che si trovasse in mezzo al fiume Po: eppure, a Torino esisteva davvero un’isola fluviale che portava il nome di Armida.

A dirla tutta, non aveva niente a che vedere con la superba e misteriosa isola della maga: era infatti un isolone sabbioso lungo circa 130-150 metri, di forma ovale, creato dai residui portati dal grande fiume, sul quale cresceva una vegetazione spontanea composta per lo più di arbusti e salici selvatici. Oggi quest’isola è scomparsa. Si era generata attorno all’anno 1800 e scomparve verso il 1930, lasciando tempo a qualche fotografo di immortalarla nei suoi scatti, anche se dalle immagini d’epoca non si può godere della sua visione di insieme. Peccato. Si trovava grossomodo in corrispondenza dell’attuale ponte Balbis, all’altezza del Pilonetto e delle Molinette: la sua vicinanza ai mulini era forse stato il motivo della sua creazione, perché il risucchio operato dai macchinari della diga Faraut avrebbe generato una zona di acqua tranquilla in mezzo al fiume, ideale per l’accumulo di pietrisco e sabbia.

La vicinanza alla riva la rendeva una meta frequente dei ragazzi torinesi, che la raggiungevano a nuoto. Qualcuno vi aveva anche costruito un piccolo casolare, che fungeva da osteria per i tanti giovanotti che trascorrevano i fine settimana estivi su quest’isola. Si comprava un cesto con del pane e un fiasco di vino, ci si sdraiava all’ombra dei salici. Et voilà: le domeniche passavano così, nell’ozio. Le coppiette si appartavano senza problemi ed ecco, forse, il richiamo aulico all’isola della maga Armida. Ci si accontentava di poco, all’epoca, in assenza di spiagge e di piscine: l’isola di Armida era dunque un ottimo punto di ritrovo. L’isola fluviale era un punto di ritrovo così amato dai ragazzi che diede il nome anche ad una società di canottaggio: originariamente denominata “Mek-Mek”, la società nacque dalla fusione con i Flik-Flok nel 1869, sotto la guida del presidente Ernesto Samadet.

Fu chiamata Armida nel 1874, ed ancora conserva questo nome anche se l’isola è ormai scomparsa. Dopo la demolizione della diga e dei mulini, resasi necessaria con l’espansione della città e con la necessità di rendere navigabile il Po fino a Moncalieri, l’isola progressivamente divenne preda dell’erosione del fiume. Nel 1930 risultava ormai scomparsa: di essa resta una labile traccia nelle memorie dei torinesi di allora e nel nome di una storica società di canottaggio.

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