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Dall’Inghilterra e dalla Francia, tutti per il Carnevale di Torino

CarnevaleTorino
C’è stato un momento in cui il carnevale di Torino era considerato uno dei più importanti d’Italia e d’Europa. Erano gli anni dell’unità d’Italia e il carnevale di Torino raccoglieva pubblico anche dalla Francia e dall’Inghilterra. Particolarmente attesi erano i carri di carnevale. Nel 1860 apparve un carro raffigurante l’Ultimo Croato (all’epoca i soldati austriaci erano spesso chiamati croati) incatenato ed avvilito mentre un’Italia trionfante veniva acclamata dal pubblico, finalmente «liberata» dalla sua prigionia.

Era vietato il lancio dei coriandoli, moda che iniziava ad imporsi e che infastidiva non poco l’opera di nettezza urbana. Il carnevale si concludeva con il tradizionale rogo del Babacio, un fantoccio che rappresentava la festa e che veniva arso in piazza; a seguire, gran finale di fuochi artificiali. Anche con l’unità d’Italia ormai avvenuta, i carnevali non cessarono di essere indispensabili strumento di propaganda, e tanto più quando si comprese che il popolo piemontese aveva mal digerito alcuni inevitabili esiti del Risorgimento: tra essi, lo spostamento della capitale.

Dopo le giornate di sangue del settembre 1864, lo iato tra la cittadinanza e la monarchia fu colmato anche dal carnevale: un Gianduja in camicia si recò un giorno da Vittorio Emanuele II esternandogli ancora una volta la fedeltà del popolo. Con il 1863, la direzione del carnevale fu assunta dalla neo costituita Società di Gianduja, con lo scopo evidente di unire gli svaghi allo sviluppo commerciale.

Le manifestazioni più incredibili furono però le Giandujeidi: nel 1868, nel 1869, nel 1870 nel 1873 e l’ultima nel 1893, con costumi elaborati e raffinati, molti dei quali disegnati da vignettisti come Casimiro Teja. Come colonna sonora, si ricorreva all’impiego delle numerose bande musicali operanti in quel momento tra Torino e provincia. Le somme raccolte venivano devolute in beneficienza. La prima Giandujeide, «azione nonplusultratragicomicofantasticopirotecnicomilitaredanzanteequestreginnasticoarmonica», svoltasi il 22 febbraio 1868, trasformò completamente piazza Vittorio Emanuele I (oggi, piazza Vittorio Veneto): un immenso palco nascose la chiesa della Gran Madre di Dio, trasformando la piazza in un paese dell’Astigiano.

Sedie, lire 5; primi posti, lire 1, secondi lire 0,50 e terzi lire 0,20; poiché molti torinesi abitavano in piazza e avevano una vista migliore degli altri, erano invitati a contribuire comunque alla finalità benefica dello spettacolo con una sottoscrizione. Il poeta Cesare Scotta, autore dei testi (e presente in scena nella figura di Gianduja adulto) aveva immaginato una storia ai limiti dell’assurdo, ma godibilissima ambientata nel borgo di Callianetto. Dopo il 1877 le feste iniziarono a diradarsi e il carnevale perse progressivamente di importanza; declino solo in parte rallentato dall’iniziativa della Famija Turinèisa e dell’Associassion Piemontèisa, nel corso del Novecento.
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