l'editoriale
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05 Luglio 2022 - 07:54
La porta d’Italia? Si trova a Susa. Almeno, per secoli e secoli Susa è stata interpretata come la prima città italiana, tappa necessaria ed indispensabile per tutti coloro che, da Annibale in poi, hanno cercato di passare le Alpi. Passaggio non particolarmente facile, perché in assenza di strade l’unica alternativa era la buona volontà di inerpicarsi su sentieri sterrati o acciottolati, in compagnia di briganti e animali selvatici per nulla concilianti.
Insomma, quando - dopo una traversata per niente tranquilla - il viandante giungeva a Susa tirava un sospiro di sollievo. E non è un caso che questa città sia antica, antichissima: una delle più vecchie città del Piemonte, almeno a giudicare dagli insediamenti umani ritrovati, del primo millennio avanti Cristo. Liguri e Celti ebbero qui un fortilizio e forse un nucleo abitato vero e proprio. Poi passò Annibale con i suoi elefanti, e tutta la valle finì sottosopra. Si venne però a creare un regno celto-ligure, il Regno dei Cozii, staterello cliente di Roma che mantenne per qualche secolo la sua autonomia, con Susa quale baricentro.
Sarà che i montanari vogliono sempre fare le cose da sé, sarà che i romani non avevano voglia di perdere tempo con delle vallate alpine ancora in larga parte inospitali. Il regno fu inglobato dai romani soltanto sotto Nerone, vale a dire a metà del I secolo d.C., ultima porzione dell’attuale Italia ad essere sottomessa totalmente dai romani. Un dato interessante, perché evidentemente la Valle Susa cela più di quello che lascia vedere. E Susa, che i romani trattarono da gran signora delle Alpi, con bei monumenti ancora oggi visibili, divenne nel Medioevo la capitale di un marchesato potente, che legò le sue vicende con quelle degli incipienti signori della contea di Savoia, all’epoca uno sgangherato contado alpino che traeva il suo potere dal controllo dei passi montani.
Dinastia alpina, i Savoia, che non poteva non guardare a Susa, dove la contessa Adelaide regnava da regina di mezza Italia. La contessa, che si divideva tra Susa e Torino, sposò in terze nozze Oddone di Savoia, figlio di quell’Umberto Biancamano che diede origine a tutto. Ed ecco che Susa, da porta geografica d’Italia, divenne anche tappa silenziosa ma fondamentale della storia della penisola: perché grazie a quel matrimonio i Savoia, da oscuri signori delle nevose cime di Moriana, divennero attori della contorta e litigiosa politica italiana; prima, comparse marginali, poi via via protagonisti.
E tutto era nato a Susa, città che dunque essi cercarono di tenere ben stretta, fortificandola con una delle più splendide fortezze della storia recente: la leggendaria Brunetta. Talmente ben realizzata e sostanzialmente imprendibile che Napoleone, prudentemente, ordinò di far brillare. Oggi, la Brunetta è un fantasma che resta unicamente nella toponomastica di Susa, placito borgo di seimila anime scarse, che meriterebbe di essere più conosciuta in Italia. I turisti che la visitano sono in genere francesi, attratti dal mito di Carlo Magno che in Val Susa sconfisse i Longobardi; ma il bel centro storico romano e medievale merita di essere portato ad esempio anche in Italia.
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