Ci sono storie, come quella di Mauro e Roberta che di fatto scrivono pagine di un’altra sanità, quella che avrebbe dovuto sopravvivere nonostante il Covid. E che invece è stata sopraffatta dall’emergenza del virus e, praticamente, ha alzato bandiera bianca. Insomma si è arresa, consegnando al fronte pandemico i propri reparti, i propri medici, cancellando esami, visite e tutti gli interventi chirurgici non urgenti. Di qui la tragedia di tanti, troppi ammalati. E non solo quelli come Mauro che a 56 anni ha perso l’uso della parola e si muove in carrozzina, completamente abbandonato a se stesso per la mancanza di assistenza domiciliare, ma di migliaia e migliaia (si mormora oltre 50mila solo in Piemonte) che soffrono di malattie cardiache gravi, di tumori in fase avanzata e di tante altre patologie che necessitano di cure frequenti e di esami indispensabili a governare il loro stato di salute. Già perché è tra le pareti domestiche che si consumano drammi quotidiani, con crisi respiratorie, postumi di terapie invasive, dolori e inquietudini che investono i malati e le loro famiglie. Come accade a Mauro che se non avesse accanto la moglie Roberta forse non sarebbe più qui a testimoniare le proprie sofferenze. Lui che ha affrontato la malattia ma poi si è coperto di piaghe, ha rischiato infezioni e, soprattutto, sofferto. Roberta ha fatto e fa miracoli ma ora chiede, direttamente all’assessore alla sanità Icardi, una risposta e anche una giustificazione all’abbandono. Quasi fosse la portavoce di tanti altri ammalati che la battaglia contro il Covid ha reso quasi invisibili alla nostra sanità. Una folla inascoltata che chiede risposte. E le chiede soprattutto ora che la morsa del virus pare allentarsi e per molti si aprono spiragli di normalità. Non basta giustificare ritardi e omissioni invocando quel vecchio detto sulla coperta troppo corta per rispondere al nostro bisogno di assistenza. Occorre cambiare passo per evitare altre tragedie. E soprattutto occorrono fatti. E non solo tiepide parole.
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