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La mazzata e la mancetta

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La stangata è servita. Da oggi. Con la bolletta dell’elettricità che costerà il 29,8% in più (record assoluto dal 2003, anno d e l l’introduzione degli aggiornamenti trimestrali delle tariffe) e quella del gas che salirà del 14,5%. Una mazzata per famiglie e imprese, per cui i tre miliardi messi sul piatto dal governo Draghi hanno avuto l’effetto di una mancetta. Importante, certo, visto che senza quell’intervento i rincari sarebbero stati rispettivamente del 45 e del 30 per cento. Ma insufficiente a frenare un balzo in avanti che rischia di avere conseguenze pesantissime per l’economia, compresa quella domestica. È stata l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera) a comunicare gli aumenti che porteranno a una crescita della spesa su base annua delle famiglie di 300 euro. Una mazzata che arriva proprio mentre sembra che l’Italia abbia ritrovato energie e coraggio per rialzare la testa, soltanto in parte mitigata dall’intervento deciso dal presidente del consiglio con i suoi ministri. Per contenere l’esborso di famiglie e microimprese, dei 3 miliardi di euro stanziati, circa 2,5 sono serviti ad azzerare gli oneri generali di sistema per il prossimo trimestre, 500 milioni circa a potenziare i bonus sociali ed altri 500 consentono di portare al 5% l’Iva sul gas. A beneficiare degli sconti saranno in tutto 29 milioni di famiglie e circa 6 milioni di microimprese. Incrementi tariffari sostanzialmente azzerati invece per oltre 3 milioni di nuclei familiari che hanno diritto al bonus elettricità e per i 2,5 milioni che fruiscono del bonus gas. A spiegare il perché della stangata è la stessa Arera, che punta il dito contro la straordinaria dinamica dei prezzi delle materie prime verso i massimi storici e le alte quotazioni dei permessi di emissione di Co2. Stando agli ultimi rilevamenti, per fare qualche esempio, mentre il petrolio ha sfondato il tetto degli 80 dollari al barile e viaggia spedito verso quota 90, nel terzo trimestre di quest’anno i prezzi europei del gas sono cresciuti di oltre l’80% rispetto al secondo, con picchi nei mercati all’ingrosso di oltre 70 euro/MWh nella seconda metà di settembre (contro i circa 20 euro di inizio anno). Costi enormi che - a meno di sorprese quando si tratterà di discutere dei dividendi agli azionisti - ricadono tutti sul povero consumatore. In particolare su quel ceto medio che non beneficerà della mancetta e ormai ha imparato che per sopravvivere occorre scegliere se, cosa e quando comprare. Tra le imprese, rischiano grosso quelle di piccole dimensioni. Ovvero il cuore pulsante del nostro Paese che potrebbe trovarsi in enorme difficoltà proprio ora che si parla di un Pil in forte espansione. Come si coniugheranno questi due segni più che sembrano incompatibili, si vedrà. Ma il timore è che tanti siano costretti a saltare giù dalla nave della crescita prima di raggiungere la meta. Stritolati dagli aumenti, ma pure da quelle accise statali diventate un dazio perenne per gli italiani che neppure Super Mario osa mettere in discussione.

stefano.tamagnone@cronacaqui.it
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