La notizia arriva nascosta in poche righe, annegata in un’agenzia di stampa battuta ieri dalla Reuters che racconta la corsa dell’industria mondiale nell’acquisto di robot da inserire nei sistemi di produzione. “Stellantis – scrive il giornalista Timothy Aeppel – la casa automobilistica olandese (sic), sta utilizzando i cobot della Universal Robots nell’area di assemblaggio finale del suo stabilimento di Torino, in Italia, per aiutare a produrre la nuova 500 elettrica”. Le braccia degli “automi”, spiega Joe Campbell, manager della società danese che li produce e ha chiuso il 2021 con il fatturato record di 311 milioni di dollari, registrando una crescita del 41% rispetto al 2020, «sono attaccate a una struttura che si muove sopra l’auto». E «da sole individuano e fissano i dadi». Dunque, a Mirafiori, qualcosa si è mosso. La grande fabbrica attorno a cui è cresciuto un pezzo di città si sta rinnovando. Trasformandosi in quello stabilimento del futuro che ci si augurava potesse diventare per garantire un domani anche a Torino e alla sua provincia, dove gravita il grande sistema dell’indotto. Con una svolta tecnologica senza precedenti applicata a quello che ci si augura diventi il prodotto di punta in vista dell’imminente svolta elettrica.
Perché, allora, non pubblicizzare il tutto con la dovuta enfasi, dicendo innanzitutto ai futuri clienti che la 500e sarà prodotta con il massimo a livello di tecnologia ci sia sul mercato? Perché non aprire le porte invitando giornalisti da tutto il mondo a fare un giro nelle linee ultramoderne per poi raccontare la metamorfosi che sta prendendo forma in questi capannoni che hanno fatto la storia del nostro Paese?
Forse, la risposta a queste domande sta nell’altra faccia della medaglia che accompagna ogni processo di automazione. Che sovente, quando si parla di lavoro, fa rima con sostituzione. E non c’è bisogno di evocare scenari fantascientifici alla Asimov o alla Philip Dick per immaginare come le macchine possano “sollevare” dalla fatica (e del posto di lavoro) gli uomini.. Basta guardare i video della Universal Robots. Lei sì orgogliosa di annunciare che Stellantis ha acquistato ben undici robots collaborativi (cobots). Spiegando che «lungo la linea di produzione della 500 elettrica alcuni processi di assemblaggio e controllo qualità richiedevano l’introduzione di automazioni specifiche per assicurare la qualità e la ripetibilità necessarie agli standard di prodotto». E che «considerata l’età media piuttosto elevata degli operatori dello stabilimento, il tema del benessere ergonomico era particolarmente sentito». L’automazione collaborativa, allora, «ha consentito di sollevare gli operatori da task manuali ripetitivi e fisicamente onerosi, permettendo che gli addetti venissero applicati su processi a maggiore valore aggiunto». Di quali processi si tratti, ovviamente, non spetta a Universal Robots specificarlo. Potrebbe raccontarlo Stellantis, con una grande conferenza stampa.
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