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IL BORGHESE
21 Maggio 2023 - 18:08
Almeno il Po è sfuggito alle camicie di forza che l’uomo ha usato per imprigionare le acque impazzite in Emilia Romagna. O forse sarebbe meglio definirle cinture contenitive per gli argini, fatte di sacchi di juta riempiti di sabbia che con un interminabile passamano uomini, donne e persino ragazzini hanno posato sulla terra già marcia per fermare la piena.
Perché ci vuole la forza della disperazione della gente semplice accorsa a dare una mano per limitare i danni di una politica scellerata nei confronti del territorio. Quei vincoli imposti dagli oracoli verdi accorsi a predicare (grazie anche ai voti raccolti) che la natura deve fare il suo corso, che i fiumi non vanno liberati dalla ghiaia e dalla sabbia che tolgono il respiro all’acqua che scorre, che le sponde non vanno ripulite dagli alberelli cresciuti alla meno peggio. Così come non si devono strappare le erbacce dai canali in campagna
E così che tra predicatori fasulli che magari in campagna non hanno mai messo piede e speculatori selvaggi che hanno cementificato anche le zone vicine ai fiumi, che siamo arrivati ad una sorta di braccio di ferro con la natura. Storia vecchia, direte voi. E’ vero. Ma purtroppo la storia si ripete e tra stupidaggini e ladrocini ci ritroviamo a contare vittime e danni enormi oggi in Emilia Romagna e domani chissà.
Recitando il rosario all’incompetenza e alla speculazione che non hanno mai responsabili e tantomeno colpevoli da mettere dietro le sbarre. Ma provate a raccogliere un sasso in un torrente, o peggio a caricare una carretta di sabbia e finirete in tribunale. Toccare un fiume è reato, evitare di curarlo, o peggio “tombarlo” per costruirci sopra un condominio, è uno sport nazionale.
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