l'editoriale
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16 Giugno 2022 - 08:48
Chiedi chi erano i Mods. Magari non ai produttori che trasformarono un cantante simil teddy boy in un Mod - il povero Ricky Shayne - e neppure ai giornali che univano capelloni, punk, skin, rocker, ogni forma di sottocultura, in un gran crogiolo di violenze metropolitane. Ma chiedi magari a chi lo era allora e lo è rimasto, perché mod si è per sempre.
“Mod” è parola che arriva da modernismo: si definivano così i giovani inglesi working class che amavano la musica giamaicana e i ritmi neri. Eleganti, certo ribelli, con Vespa e Lambretta elaborate, se volete l’immagine più semplice. Alla fine dei ‘70 i Mods a Londra erano ormai altre cose: punk, skin, la rabbia sociale trovava altre forme di espressione... L’Italia che si affacciava alla stagione del riflusso scopriva il revival creato dal film Quadrophenia, basato sull’album degli Who. E anche a Torino nasceva questa identificazione giovanile, fatta di musica e discoteche, di stile e amicizia, sempre e comunque di ribellione dal basso. In piazza Statuto c’erano i Mods, e lo sa bene Oskar Gianmarinaro, arrivato al modernismo per una ragazza del liceo, in fondo si fa sempre così, no? E in piazza Statuto, tempo dopo, prese nome e abbrivio il gruppo che è oggi il più anziano in attività.
Non è un caso, quindi, che come una canzone degli Statuto stessi si intitoli “Rabbia e stile” (Le Milieu, 15,90 euro) il libro di Oskar Gianmarinaro, un po’ romanzo e un po’ libro di viaggio, arricchito da foto storiche preziosissime. La musica, le discoteche ormai scomparse, le domeniche in curva (quasi tutti per il Toro, ma ci fu chi rifiutò il primo concerto perché c’era Juve-Inter), le prese in giro e le botte con i punk che si trovavano al Bar Roberto di via Po - ma con rispetto, ché in fondo la provenienza era la stessa e si poteva ascoltare Who e Clash insieme -, ovviamente i rockers, in seguito i “neri” paninari. Perché i mod nascevano antifascisti, anche se poi proprio il riflusso complicò le cose, un po’ come le svastiche per i punk. Scrive Oskar: «Proprio perché travisati, più avanti fummo costretti a rinunciare alla bandiera italiana sul palco durante i nostri concerti, perché accusati di essere fascisti».
Come un romanzo di formazione, si diceva, tra parka e giacche tre bottoni, pantaloni a sigaretta e Clarks, la sala prove da qualche parte a borgata Parella, l’assurda sfida a calcio contro i punk - il primo caso di “golden goal” della storia, anche questo era modernismo -, le vacanze in campeggio e gli amori, le esibizioni finite in rissa al Doctor Sax... E poi il ricordo commosso di Ezio Bosso, che con gli Statuto ha suonato. Non operazione nostalgia ma rivendicazione orgogliosa. Chiedi chi erano i Mods, allora. I Mods ti risponderanno.
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