l'editoriale
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27 Settembre 2022 - 07:03
Matteo Salvini (Depositphotos)
I due leader usciti sconfitti dalle urne, ora, rischiano la segreteria del partito. Lo si è capito dal silenzio in cui si sono chiusi Enrico Letta e Matteo Salvini, almeno, fino a ieri mattina. Se il primo ha affidato a Debora Serracchiani le dichiarazioni a caldo del Pd alla chiusura delle urne per riconoscere la vittoria della destra, mentre Francesco Boccia già annunciava «un’altra stagione» di alleanze e dialogo con M5S che dovrà passare da una fase congressuale, nel quartier generale della Lega in via Bellerio non si è palesato nessuno. Per i “dem” sarà congresso, sebbene Letta non abbia presentato le dimissioni limitandosi a precisare che non correrà per la prossima segreteria.
«Gli italiani e le italiane hanno scelto - ha spiegato il segretario -. Questa legislatura sarà la più a destra: un rammarico profondo ma anche uno stimolo a continuare a lottare. Nei prossimi giorni riuniremo gli organi di partito per accelerare il percorso che porterà a un congresso». Insomma, servirà «una profonda riflessione» secondo Letta, che torna ad accusare Calenda e Renzi per la mancata creazione del “campo largo” che avrebbe permesso di arginare la destra.
Ma un riflesso si avrà anche a livello locale per cui sulla graticola potrebbe finire il segretario del Pd in Piemonte, Paolo Furia, che ha lasciato molti delusi dopo la direzione nazionale in cui sono state scelte le candidature. «Abbiamo fatto degli errori sul piano delle alleanze, innanzitutto, per cui avremmo dovuto ragionare diversamente con questa legge elettorale e considerare l’elettorato di centro, che ha preferito il “terzo polo”, ma anche a sinistra. Non ha senso, adesso, la logica del “capro espiatorio”» ammette il deputato uscente Davide Gariglio, al quale è stato assegnato un collegio difficile da conquistare.
Più complicate le cose per la Lega: la sconfitta nazionale, infatti, potrebbe cambiare gli equilibri interni della maggioranza anche in Regione. A partire dalla segreteria, visto che entro la fine dell’anno Matteo Salvini ha annunciato congressi in tutta Italia. E dal prossimo anche a livello locale. «Il dato della Lega non mi soddisfa, non è quello per cui ho lavorato. ma con il 9% siamo in un governo di centrodestra in cui saremo protagonisti» ha commentato il segretario, incalzato da una base sempre più rumorosa. A parlare di «un momento delicato per la Lega» è Luca Zaia per il quale è «fondamentale capire quali aspetti hanno portato l’elettore a scegliere diversamente». Stessa richiesta con maggiore veemenza arriva da Paolo Tiramani, sindaco di Borgosesia e tra gli “esclusi eccellenti” dal Carroccio.
«Sono anni che non si fanno i congressi e io, che sono segretario e commissario provinciale da sei anni, sono pronto a farmi da parte». Ma a parte lui in Piemonte nessuno vuole commentare. «Non è il momento di commentare l’esito delle urne» afferma Fabrizio Ricca. A scalpitare, viste le percentuali, sono i Fratelli d’Italia che, al momento, confermano l’obiettivo di portare a casa un’altra legislatura con Alberto Cirio senza chiedere ulteriori posti in giunta. «Troppo presto per pensarci, l’obiettivo resta quello di concludere la legislatura con Cirio e tornare a candidarci compatti» assicura il coordinatore Fabrizio Comba, sposando una linea comune anche a Forza Italia, che è riuscita a portare almeno cinque eletti a Roma. «Adesso è fondamentale coordinare bene il lavoro tra il nuovo governo e la Regione: Forza Italia non ha nulla da recriminare perché abbiamo ottenuto più o meno le stesse percentuali» spiega Roberto Rosso. Ma è evidente a tutti che la ripartizione dei capolista e l’attribuzione dei seggi sia stata sbilanciata a favore di una Lega data nei sondaggi tra il 12 e il 15% per poi restare sotto il 9%. E questo potrebbe portare ad un rimpasto in Regione che, al momento, nessuno chiede, ma potrebbe rappresentare la strada per rafforzare la coalizione.
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