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Darkem, a 5 anni dal disastro a processo i figli del titolare

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Il 14 giugno comincerà il processo ai fratelli D’Arco per l’esplosione del deposito Darkem di Scarmagno dove rimasero ferite 13 persone.

Il processo si terrà davanti al giudice Marianna Tiseo nell’aula magna del liceo Gramsci a Ivrea, perché non c’è sufficiente spazio al vicino tribunale. È stata così fissata l’udienza preliminare per il disastro della Darkem di Scarmagno, l’azienda distrutta da un furioso incendio e una devastante esplosione nella notte del 30 maggio 2016. I due imputati sono i fratelli Davide e Giuseppe D’Arco, 35 e 47 anni, residenti a Romano Canavese, difesi dall’avvocato Stefano Rossi: dovranno rispondere dei reati di incendio colposo, danneggiamento e lesioni colpose. Quella drammatica notte molti soccorritori rimasero feriti: sette vigili del fuoco, tre poliziotti e due carabinieri. Insieme a loro anche un residente delle case vicine. Oltre a loro si costituiranno come parte civile al processo anche i proprietari di una casa e un’azienda danneggiate dall’esplosione. Non sarà presente al processo il padre dei due imputati, Domenico, deceduto un anno fa, al quale la difesa addossa la maggior parte delle responsabilità dell’accaduto.

La Darkem, situata nella zona industriale di Scarmagno, alle spalle del grande sito della ex Olivetti, era un deposito di materiali chimici di varia natura. Prima di arrivare a Scarmagno, però, godeva di una fama piuttosto chiacchierata. Con il nome di Interchimica, Domenico D’Arco, aveva tenuto il deposito di prodotti chimici a Strambino, poi a Torre Balfredo, e, infine, era giunto a Scarmagno. In ogni luogo il deposito era stato “vittima” di incidenti ed incendi e sempre sotto la vigile lente dell’Arpa per le molte irregolarità. A Scarmagno, però, la Darkem (ex Interchimica) fece davvero il botto. Quella sera del 30 maggio di cinque anni fa scoppiò un incendio, mentre nessuno dei dipendenti e titolari era nei paraggi (fortunatamente). Mentre la prima squadra di vigili del fuoco giungeva sul posto e carabinieri e polizia delimitavano la zona, improvvisamente una serie di violente esplosioni devastarono la struttura ed enormi blocchi di cemento volarono a centinaia di metri. Solo un miracolo impedì quella sera conseguenze più tragiche.

Del sito dove avvenne il disastro oggi rimane un cumulo di rovine contaminate che il Comune di Scarmagno sta cercando di bonificare con costi elevatissimi che dovrebbero pagare i responsabili. Lo scopo del processo che inizierà il 14 giugno è anche quello di evidenziare le responsabilità dei D’Arco nell’accaduto e, quindi, nel ripristino del sito e la rimozione dei detriti.

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