l'editoriale
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16 Novembre 2021 - 08:22
Non è soltanto un passatempo ma quasi uno stile di vita. Andare a caccia delle dimore abbandonate su cui aleggiano varie storie e leggende, monitorando lo stato di conservazione. In un certo senso, chi si dedica all’“Urbex”, parola tradotta letteralmente dall'inglese come “esplorazione urbana”, può quasi essere definito un “custode” del tempo che passa. Su Facebook sono nati gruppi in cui gli esploratori si confrontano sulle condizioni in cui versano le tante rovine presenti a Torino soprattutto in collina. Lo sa bene Daniela che qualche giorno fa è entrata nell’ex centro di riabilitazione Maria Adelaide di strada San Vito, un luogo in cui si trovano ancora i segni della sua precedente funzione, tra letti di ospedale e carrozzine. Ma anche materassi che testimoniano però un’occupazione abusiva dell’edificio in cui è piuttosto facile entrare. «Si accede da una scala in mezzo al bosco - spiega Daniela -, è molto degradato ma piuttosto interessante».
LA STORIA Il Centro di rieducazione funzionale di Strada Comunale di San Vito Revigliasco, situato nel Parco della Rimembranza del Colle della Maddalena, era stato fatto costruire tra il 1927 e il 1929 da Riccardo De Angeli, ispettore delle Assicurazioni Generali nel capoluogo piemontese, e aveva inizialmente la funzione di colonia estiva per 300 orfani di guerra e figli di mutilati. Dopo il secondo conflitto mondiale il Centro divenne un convalescenziario Inail e infine, dal 1981 al 2007, venne adibito a Centro di rieducazione funzionale dell’ospedale torinese Maria Adelaide, a cui è toccata a sua volta la chiusura. Da allora versa in stato di totale abbandono.
L'ABBANDONO Quando la struttura sanitaria venne trasferita 14 anni, l’edificio cadde in rovina. Come si può vedere nelle foto scattate da Daniela Demichelis ci sono arredi abbandonati, strumentazioni, addirittura protesi e sedie a rotelle, oltre a vecchi dossier ed archivi interi caduti nel dimenticatoio. Ma anche tante scritte a bomboletta e altri segni di atti di vandalismo.
VANDALI E NOMADI L’edificio ha visto in questi anni il passaggio di numerosi vandali e “predoni” che si sono portati via cavi di rame e altri oggetti. E pare che all’interno ci vivano dei nomadi. «L'ultima esperienza è stata un bel parkour per scappare da sei tizi con spranghe di ferro e assi di legno» spiega Michele. «All’interno ci vivono degli zingari» aggiunge Stefano.
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