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30 Novembre 2022 - 08:27
Momenti di tensione con l’arrivo anche di una camionetta antisommossa dei carabinieri ieri pomeriggio durante la manifestazione dei lavoratori della Raspini, l’azienda di produzione carni e di grande distribuzione di Scalenghe.
Si tratta del secondo sciopero degli operai dei reparti di macellazione, facchinaggio e pulizia della fabbrica che, nella notte tra il 14 e il 15 novembre, avevano già manifestato davanti ai cancelli della Raspini sostenuti dal sindacato Si.Cobas. Ieri, gli stessi operai si sono ritrovati e dalle prime luci del mattino hanno bloccato l’ingresso ai camion dell’azienda. «I salari dei lavoratori sono insufficienti a coprire il costo del carovita e nonostante il Covid gli operai hanno dovuto lavorare mettendo a rischio la loro salute» spiegano dal sindacato.
Dai cancelli della fabbrica torinese tra Scalenghe e Piscina, i lavoratori in lotta rivendicano «un premio non legato alla produttività adeguato per sostenere l’aumento dei prezzi; la stabilizzazione dei precari trattati come limoni da spremere; rispetto di dignità e libertà sindacale con la fine di ogni discriminazione da parte dei capi». Verso il primo pomeriggio di ieri la situazione si è scaldata e l’azienda ha chiesto l’intervento dell’antisommossa. Non si sono registrati scontri tra operai e forze dell’ordine, ma al termine della giornata di sciopero le parti hanno trovato un punto di incontro. «Hanno trovato un accordo per sgombrare - spiega Luca Dessì, ex operaio assunto della cooperativa che si occupa degli impieghi all’esterno della fabbrica e venuto a sostenere i propri colleghi - 100 euro in base alla mutua collettivi e un prolungamento di due mesi a un ragazzo» spiega. La vicenda sembra comunque non avere una chiusura definitiva. «Ritorneremo» concludono i lavoratori dai cancelli della fabbrica.
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