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Il processo

La trans, il consigliere e il bracciale: le notti turbolente finiscono in tribunale

Lui l'ha denunciata ma ora rischia il processo. Ecco cosa è successo in aula

La trans, il consigliere e il bracciale: le notti turbolente finiscono in tribunale

La Fiat 500 distrutta e il consigliere comunale di Nichelino

Da una parte c'è Monica, trans che all'anagrafe è Martin Iliev, 30enne di origini bulgare con diversi precedenti penali. Dall'altra c'è Daniele Maghsoodi Ghashghajan, praticante avvocato, consigliere comunale a Nichelino e parte offesa nell'ultimo processo in cui Monica è imputata. In mezzo c'è una storia di sesso, cocaina, vergogna e una Fiat 500 che Monica ha distrutto con un cric, diventata un processo penale celebrato poche ore fa in tribunale a Torino. Dove si sono aggiunte pure le minacce, come quelle che il 33enne nichelinese ha lanciato alla trans davanti a giudici, avvocati e pubblico ministero: «Se mi scatta la testa, sei il primo che vengo a cercare». Poi, per essere sicuro di essere capito bene, ha indicato l'imputata e il suo avvocato. Appena prima che la giudice Rosanna La Rosa lo facesse allontanare dall'aula e inoltrasse gli atti al pm per indagare Ghashghajan per "reato commesso in udienza". Le minacce, appunto.

Il giallo del loro incontro

Quello che è successo stamattina è solo l'ultimo atto di una vicenda cominciata la sera tra il 28 e il 29 maggio 2022, quando la trans e il consigliere comunale si sono incontrati. Sul "come" ci sia stato l'incontro, però, c'è un giallo: secondo Monica, Daniele Maghsoodi Ghashghajan l'ha caricata sulla sua Fiat 500 in corso Massimo D'Azeglio e i due hanno avuto un rapporto sessuale. Poi, quando, è stata ora di pagare «lui ha iniziato a girare per Torino, poi mi ha tirato uno schiaffo e mi ha detto che non mi avrebbe pagato i 100 euro che mi doveva. Io mi sono sentita umiliata perché mi ha alzato le mani e ha usato il mio corpo». Il nichelinese racconta tutta un'altra storia: «Quella sera sono andato con una escort, una bellissima donna. Poi sono andato a vedere la finale di Champions League. Tornando a casa in auto, mi si è slacciato un braccialetto e mi è caduto lì in corso Massimo. La trans lo ha raccolto e mi ha chiesto 50 euro per restituirmelo. Poi è salita in macchina e mi ha puntato il coltello alla gola fino a quando siamo arrivati in corso Belgio e ho chiamato i carabinieri: avrei potuto farlo prima o scappare ma mi vergognavo a farmi vedere con una trans».

Il pubblico ministero Gianfranco Colace ha creduto a questa ricostruzione, infatti Monica è finita a processo per tentata estorsione, danneggiamenti e resistenza a pubblico ufficiale.

La 500 in mille pezzi

Al di là delle due versioni, l'epilogo è un dato di fatto: lo confermano imputata e parte offesa, oltre ai carabinieri arrivati in corso Belgio. Lì Monica ha preso il cric della 500 e ha spaccato tutti i vetri dell'auto: «Quando siamo arrivati, abbiamo trovato l'imputata e il ragazzo che si rincorrevano attorno alla macchina - ha riferito in aula il brigadiere intervenuto quella sera - Lui era terrorizzato, lei ha puntato il coltello anche contro di me e poi contro se stessa, dicendo "se sparate mi ammazzo". E, quando l'abbiamo portata in caserma, si è ferita con uno specchietto».

Così si è arrivati al processo e all'udienza di questa mattina, in cui l'imputata ha rilasciato dichiarazioni spontanee e la parte offesa, assistito dall'avvocato Angelo Bueti, ha prodotto come prova un video YouTube in cui si vede una trans fare qualcosa di molto simile a quello che ha raccontato il consigliere di Nichelino (eletto con una lista civica di centrodestra, poi passato nel gruppo misto e ora vicino a Rifondazione e a Comunisti italiani).

Poi Maghsoodi Ghashghajan ha raccontato la sua versione dei fatti, fra sorrisi e qualche parola di troppo. E l'ammissione di essersi «fatto qualche canna e di aver fatto uso di cocaina tre volte a settimana, in passato». Tanto che la giudice lo ha ripreso spesso di fronte alle intemperanze del consigliere: «Ma lei sta scherzando? Le ricordo che deve dire la verità perché la falsa testimonianza è reato. Non mi era mai capitato di alzare la voce in aula». Ad alzare la voce, poco dopo, è stato lo stesso politico nichelinese. Proprio quando l'avvocato di Monica, Giovanni Papotti, gli ha chiesto se fosse consigliere comunale: «Sì, ma non inseguo la carriera. Anche se confesso che ero in ansia che questa vicenda uscisse sui giornali». Poi l'attimo d'ira incontrollata, probabilmente provocato dal riferimento al suo ruolo pubblico: «Se mi scatta la testa, sei il primo che vengo a cercare». Poi la giudice gli ha chiesto se avesse fatto uso di stupefacenti oggi: «No, ma nessuno mi deve toccare sulla politica, è l'unica cosa che ho. Ho denunciato quello che mi è successo e questo è il risultato». Cioè che arrivassero i carabinieri per scortarlo fuori dall'aula su richiesta della giudice.

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