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La vita di Salgari, la carta e l’inchiostro e la “penna spezzata”

Salgari

Cos’è un’avventura? È una vicenda straordinaria, una storia da raccontare. E quali sono le storie da raccontare? Quelle che finiscono bene. Et voilà, ecco le grandi avventure di Emilio Salgari: storie incredibili, avvincenti, coinvolgenti; ma sempre destinate a far vincere il bene contro il male, anche quando i protagonisti sono in realtà dei fuorilegge ma, in realtà, sono mossi da incrollabili principi morali. Un universo fantastico è uscito dalla penna di Salgari, l’uomo che girò il mondo senza uscire di casa; o, per meglio dire, che aveva un mondo intero nella sua testa. “Scrittore di romanzi a puntate”; “autore di storielle per ragazzi”; e così via: per tutti, ancora oggi, Emilio Salgari è stato un autore di serie B, quando invece fu un vero genio. Un genio sempre incompreso, costretto dalle ristrettezze economiche a scrivere, scrivere, scrivere.

«Mai io ricordo che mio padre abbia passato un sol giorno senza scrivere», ricordò il figlio Omar nel 1937: «Alla mattina presto, prima di pranzo, il pomeriggio dalle cinque alle otto e mezza, ogni giorno lo rivedo seduto dinanzi al malfermo tavolino su cui vergò, in 23 anni, i 105 romanzi, le 130 novelle, le 95 trame di romanzi, commedie, soggetti cinematografici che la sua morte ha lasciato da realizzare compiutamente». Su quel tavolino nacquero le avventure di Sandokan e del Corsaro Nero, ma anche capolavori come “Le meraviglie del Duemila” o “Al Polo Australe in Velocipede”. Tutte opere lettissime e apprezzatissime anche all’estero; tant’è che Che Guevara si dichiarava un accanito lettore di Salgari.

Emilio era giunto a Torino dalla natia Verona per cercare fortuna; lo accompagnava la moglie, Ida Peruzzi. E non solo: Salgari aveva la testa invasa dai fantasmi dei suoi eroi ed egli, come un Don Chisciotte moderno, assecondò quegli spettri facendo di essi il suo lavoro. «Scriveva rapidissimo, nervosamente, senza rileggere, tenendo la penna tra l’indice e il medio come un pugnale - testimoniò Omar - le cartelle si riempivano fulmineamente della sua bassa minuta grafia e si spargevano disordinatamente sul piccolo tavolo, ove solo esse imperavano, giacché mai un libro di consultazione, un atlante, un vocabolario vi trovò posto».

Scriveva in modo compulsivo, sferzato dalla frusta dei suoi editori per i quali doveva sfornare romanzi a ciclo continuo. Almeno tre l’anno. Un ritmo da catena di montaggio, che però Salgari considerava tollerabile: in un certo senso, la sua vita era diventata la scrittura; semisommerso dalle sue carte, Salgari annegava nella nebbia del fumo. Fumava come un turco, addirittura un centinaio di sigarette al giorno; e poi beveva, tracannava intere bottiglie di vino per lenire il suo intimo dolore di non riuscire ad emergere. Era deriso, incompreso dai circoli culturali dell’epoca, per i quali egli era un povero derelitto che annegava nell’alcool la frustrazione di non essere in grado di scrivere altro che libri per ragazzi.

La sua salute andava in pezzi, e così la sua vita: l’amata Ida Peruzzi fu internata in manicomio e lui doveva ancora scrivere, perché senza quell’inchiostro maledetto i soldi non arrivavano e i suoi eroi non prendevano vita. La vita! La sua vita era fatta di carta e di sogni, ma la nobile carta sulla quale dovevano pugnare e vincere i suoi paladini era ormai sempre più vincolata alla vile carta moneta, senza la quale quei sogni di un tempo si trasformavano in incubi di miseria. Tutto dipendeva dalla sua penna. Ed egli, quella penna, la spezzò.

«A voi - sono le sue ultime parole - che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna». In un cupo bosco della Val San Martino, poco oltre la Madonna del Pilone, Emilio Salgari si uccise tagliandosi la gola e le vene con un rasoio, il 25 aprile 1911. Un suicidio “da romanzo”, dell’unico, dannato romanzo che non era giunto al lieto fine: la sua vita.

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