l'editoriale
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07 Febbraio 2023 - 06:43
Dal più banale degli screzi, che può degenerare in urla e insulti tra barelle e pazienti ricoverati, a vere e proprie aggressioni fisiche, arrivate nei casi più gravi all’infortunio di un medico o di un infermiere. Tornano a crescere gli episodi di violenza a danno dei “camici bianchi” nei principali ospedali e presidi sanitari della città. Basta scorrere e mettere a confronto le cifre di Aso Città della Salute e dell’Asl Città di Torino tra il 2021 e il 2022 per rendersi conto di come il fenomeno abbia avuto una recrudescenza di almeno il 19,21% a partire dalla riapertura al pubblico dopo la pandemia di Covid. Da 354 a 435 segnalazioni nel volgere di poco più di diciotto mesi tra Molinette, Sant’Anna, Regina Margherita, Cto, San Giovanni Bosco, Martini, Maria Vittoria, Amedeo di Savoia e Oftalmico, a cui vanno sommate le denunce inoltrate dagli ambulatori piuttosto che dai servizi garanti nelle carceri. Un centinaio, invece, si sono concentrate nei pronto soccorso, una vera e propria “trincea” per gli operatori, alle prese con ricoveri sempre più lenti e una maggiore richiesta da parte degli utenti. L’esempio lampante viene da quelli dell’Asl Città di Torino, che sono passati 6 a 27 mentre all’Aso Città della Salute si sale da 75 a 87 nello stesso periodo di tempo in esame.
Una tensione palpabile fin dal primo passo oltre l’ingresso di alcuni reparti ospedalieri, nonostante non manchino sulle pareti dei corridoi avvisi e volantini per informare che anche solo aggredire verbalmente un medico, un infermiere o un operatore sociosanitario è un reato grave. «Quando ho visto quegli avvisi ho quasi sorriso un pochettino, dando per scontato che sia un reato a prescindere da dove ci si trovi ma è capitato anche a me di dovermi trattenere, almeno un paio di volte» racconta G.F, 35 anni, che per almeno un mese ha visitato la mamma alle Molinette, senza far mistero di cosa gli abbia fatto quasi saltare i nervi. «In un caso era stato il commento di un infermiere che, uscendo dalla stanza di mia mamma e ignorando chi avesse davanti, si è lamentato di dover “lavorare con certa gente” e “assecondarne tutti i capricci”. Il secondo episodio, invece, si è verificato una sera in cui, io e un altro parente, abbiamo scoperto di non poter accedere al reparto solo una volta arrivati all’orario di visita previsto. Entrambi i nostri famigliari piangevano ed erano preoccupati, ma quando ci siamo lamentati è iniziata una discussione che ha rischiato di degenerare».
Stesso riscontro a parti rovesciate arriva da chi ogni giorno cerca di tenere a bada gli accessi di nervosismo. A partire dalle guardie giurate che, ormai da più di tre anni, sono presenti in tutti gli ospedali dopo la chiusura dei presidi di polizia o delle forze dell’ordine. «Il nostro obiettivo sarebbe quello di non dover mai intervenire, spesso basta soltanto la nostra presenza a calmare gli animi» racconta uno dei vigilanti del Maria Vittoria. Non pochi i casi anche gravi riportati dalle cronache. L’ultimo è capitato a Vercelli, nei giorni scorsi, dove un marocchino di 29 anni è stato arrestato dopo aver picchiato un’infermiera che ha riportato lievi lesioni allo sterno e al torace. Lo scorso dicembre, invece, un paziente di 77 anni ricoverato al pronto soccorso del Santa Croce di Moncalieri per una polmonite, aveva aggredito con un coltello due infermieri. Dopo essersela presa con il personale, però, l'uomo ha anche cercato di dare fuoco a dei cartoni nei corridoi dell’ospedale prima di essere fermato dagli infermieri che, con un estintore, hanno spento le fiamme prima di un esito ben peggiore per tutti.
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