Dall’11 aprile su Raiuno inizierà la seconda stagione di “La Compagnia del Cigno”, una delle più interessanti e acclamate novità della fiction italiana dello scorso anno: la serie con Alessio Boni, basata sull’amicizia tra sette giovani musicisti di talento iscritti al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ha la musica come suo punto di forza e un compositore piemontese, il cuneese GabrieleRoberto, come segreto del suo successo.
Gabriele, avete appena concluso le registrazioni delle musiche di questa annata: cosa dobbiamo aspettarci? «Lo sviluppo della storia è molto interessante, i ragazzi sono cresciuti in questi mesi, sia nella loro vita sia nella fiction, non sono più ragazzini e iniziano ad avere tutte le problematiche del mondo degli adulti. Questo mi ha permesso anche musicalmente di scrivere pezzi con diverse cifre stilistiche, ci sono anche brani più cupi che seguono i drammi e i colpi di scena, anche tragici, della sceneggiatura. Ivan Cotroneo, il regista, si è detto molto soddisfatto di queste nuove composizioni».
Lavorare in questa stagione con i problemi legati al Covid-19 è stato difficile? «Per le riprese siamo stati fortunati, riuscendo a girare la scorsa estate in un momento di minor circolazione del virus, anche se sempre con tante precauzioni per tutti e tre i mesi di set. A causa delle “zone rosse” ho dovuto seguire l’ultima fase della registrazioni dal mio studio, senza poter andare a Roma, ma la tecnologia mi ha molto aiutato. Invece abbiamo dovuto tagliare dal copione alcune scene corali di musica, purtroppo impossibili da fare in questo periodo».
Nella prima serie c’erano anche molti brani pop famosi riarrangiati in chiave classica: li ritroveremo in questa seconda stagione? «Sì, ma molto ridimensionati. Nella prima ce n’erano forse 14 o 15, da Ornella Vanoni a Jovanotti. Questa volta sono solo tre, ma di grandi nomi: c’è un pezzo di Vasco Rossi, c’è “E non finisce mica il cielo” scritta da Ivano Fossati per Mia Martini, e infine “A mano a mano” di Rino Gaetano».
Da spettatore si è ritrovato nelle storie di questi giovani musicisti del Conservatorio? «Per una storia come questa si deve romanzare un po’, nessuno credo che si sia mai trovato di fronte un Maestro cattivo come quello interpretato da Alessio Boni. Ma mi sono molto identificato nelle storie di amicizia tra ragazzi che studiano musica: l’amore per la classica è ormai quasi di nicchia, trovare qualcuno che condivide la tua passione è prezioso. Da ragazzo mi prendevano in giro gli amici quando non riconoscevo in radio l’ultimo pezzo degli U2, che tutti sembravano conoscere tranne me...».
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Dopo “La Compagnia del Cigno” ci saranno altri progetti in arrivo? «Io mi divido da anni tra l’Italia e il Giappone, e proprio da lì mi hanno commissionato le musiche per un video celebrativo per le videocassette, che pare laggiù stiano tornando di moda. Il 2 aprile, poi, saranno pubblicate le musiche che ho scritto per il documentario su Julian Schnabel di Pappi Corsicato, da poco su Netflix».
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