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Musei Reali
31 Maggio 2025 - 07:58
Un'opera
«La frase che ho preso per il titolo della mostra non significa niente. Nei miei lavori non sento la necessità di raccontare, perché l’arte non ha un significato, non c’è niente da capire. Tutta l’arte è asa-nisi-masa». “Asa-nisi-masa” è il titolo scelto da Giuseppe Maraniello per la rassegna a lui dedicata dai Musei Reali di Torino. È la frase che nel film “8 ½” di Fellini - «per me il film per antonomasia», dice l’artista napoletano - Marcello Mastroianni scrive su un foglietto trasmesso dal mago a Mademoiselle Maya, la quale la percepisce ma non capisce, perché non vuol dire niente, proprio come succede per l’arte. Asa-nisi-masa è una sorta di formula magica che introduce il pubblico nel mondo magico di Maraniello, testimoniato, nella mostra che si è inaugurata ieri in Piazzetta Reale, nei Giardini Reali e al primo piano della Galleria Sabauda (dove rimarrà allestita fino al 16 settembre 2025), da 14 opere scultoree e ambientali.
Opere di «una delle voci più significative e influenti del panorama artistico italiano», per dirla con le parole di Mario Turetta, direttore delegato dei Musei Reali. «Non una retrospettiva – sottolinea il curatore Francesco Tedeschi – ma un omaggio al maestro». E ai suoi 80 anni che compie quest’anno. Figure ibride, quelle di Maraniello, funamboli, ermafroditi, diavoli; figure che alludono ai miti, riletti, però, con estrema ironia. Ma ci sono anche lavori che si rifanno alla quotidianità, come gli alambicchi, le borracce, le otri. Opere assemblate, realizzate con materiali recuperati, legni in particolare e scarti di fonderia. Forme piene, che si impongono con la loro maestosità, o strutture esili, “interrotte”, “aperte” messe in dialogo con la classicità dei luoghi che le ospitano. «Con questa mostra – è ancora Turetta - proseguiamo la programmazione nel segno di un incontro tra il nostro patrimonio storico e la vitalità del presente».
Cuore della rassegna il Giardino di Levante, tornato dall’11 aprile scorso alla fruizione del pubblico, dopo i lavori di riqualificazione realizzati con i fondi del Pnrr. Qui spiccano, tra gli altri, il “Formichiere”, 5 metri di altezza per 10 di lunghezza, o “Vasi comunicanti”, una scultura con elementi in bronzo dorato lunga 25 metri e alta 6 con un palo ogni 3 metri. «Non potrà sfuggire alla vista di nessuno» chiosa Maraniello. Opere che segnano un po’ il passaggio di Maraniello dalla pittura alla scultura. «Gillo Dorfles osservando le mie piccole figure mi suggerì di “farne qualcuna grande”». E lui ne ha fatte di gigantesche. Come il demonio ermafrodito che controlla dall’alto la città. «Il diavolo alato è una mia fantasia, anche se una volta vidi una fotografia del Cimitero Monumentale di Pisa pieno di diavoli. Ne rimasi molto impressionato. Io trasformo il diavolo rosso che è cattivo e aggressivo in un diavolo d’oro». E ancora il “Nido”, con i rami derivati dalle colate di fusione, un luogo che accoglie la ragnatela dei sogni e delle fantasie possibili. Tre, invece, le sculture nella Galleria Sabauda: “Il gatto dorme rotondo”, in marmo statuario e oro a foglia su bronzo, e due mosaici con inserti in bronzo e ferro, “Tueio” e “L’occhio di Narciso”.«Quando faccio un’opera - dice Manariello - a volte mi chiedono che cosa significhi. Io rispondo: boh, non lo so, mi è venuta così. Se trovo un pezzo di legno che mi interessa, lo prendo, lo lavoro e non so che cosa viene fuori. Non so se questo vuol dire essere artista. So che mi diverto».
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