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Salone dell'auto
25 Settembre 2025 - 06:19
Santi Sindoni
Se mai esistesse un confine netto tra bene e male, lui o avrebbe oltrepassato più volte fino a renderlo vano. Perché la vita non è fatta di compartimenti stagni ma di una fluidità che va oltre la ragione e arriva a toccare persino il sacro.
Santi Sindoni, artista siciliano classe 1954, diplomatosi in Figura all’Accademia di Brera nel 1980, la sacralità l’ha raggiunta attraverso quella pittura che da sempre fa parte della sua persona e che non ha mai abbandonato neppure quando, erano i primi anni del Duemila, finì in carcere a Milano, prima a Opera e poi a Bollate, con una pena pesantissima: 24 anni per spaccio ed estorsione.
Oggi, il primo artista a usare come tema la Sindone di Torino, “nomen omen” verrebbe da pensare, per la prima volta esporrà sotto la Mole due delle sue opere più note, “Curiamo le ferite di Cristo” (ovviamente si tela libera), dedicata appunto alla Sindone, e “Un boato da Capaci a via D’Amelio” pensata, invece, per le stragi di Falcone e Borsellino. La location scelta sono i Musei Reali in occasione del Salone dell’Auto (a cura della Fondazione Artè Etra). Avverrà il 26 settembre quando Sindoni realizzerà un’opera site specific attraverso una vera e propria performance in programma dalle 16 alle 18.
Per approfondire leggi anche: Curiamo le ferite di Cristo
Sindoni, la sua fama la precede, suo malgrado: ex detenuto e artista di fama internazionale.
«L’arte per me oggi rappresenta un riscatto, lo dimostra, in particolare, l’opera che sta girando ovunque che porterò anche a Torino e dedicata alle stragi di Falcone e Borsellino. Ma, detto questo, io sono nato artista e ho fatto sempre l’artista anche quando, circa vent’anni fa, finii in un giro maledetto che mi portò a delinquere».
Com’è accaduto?
«Per gioco, per curiosità, per fare esperienza con persone legate al mondo dell’arte che avevo iniziato a frequentare e che mi catapultarono in un universo nuovo, fatto di cocaina e soldi».
Fece anche uso di quella droga?
«Sì, ma soprattutto ne divenni un raffinatore sopraffino e finì a spacciare. Credo, però, che i 24 anni cui sono stato condannato in tutti e tre i gradi di giudizio, siano davvero troppi. Per fortuna è acqua passata, dopo sei anni iniziai a uscire per lavoro e poi, nel 2022, Mattarella mi concesse la grazia».
Da lì l’idea di ispirarsi alla Sindone?
«Sì, e sono stato il primo, il secondo per chi pensa che sia un’opera di Leonardo da Vinci. Al momento ho realizzato 15 dipinti sul tema».
Lei che idea si è fatto?
«Per me è un’opera, ma le ferite che riporta rappresentano le reali ferite dell’uomo provocate dai mali del mondo. Amo ispirarmi ad essa, soprattutto da quando l’arte, che da sempre fa parte della mia vita, è diventata per me una forma di riscatto».
In cosa consiste la performance di Torino?
«La mia opera sarà realizzata su una tela posta sullo schermo di un televisore, lo schermo come simbolo dell’universo cui ruota tutto. Farà il ritratto di una cellula, il mio leitmotiv, un tema che ricorre nella mia arte dal 2010 da quando ho iniziato a disegnare la cellula, ne ho realizzate 500».
Per approfondire leggi anch Un boato da Capaci a via D’Amelio
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