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04 Maggio 2025 - 18:00
Donald Trump chiude (almeno a parole) la porta a un terzo mandato. “Sarò un presidente da 8 anni, due mandati. Ho sempre pensato fosse importante”, ha detto in un’intervista a Meet the Press, mettendo in pausa – o forse solo in stand-by – la suggestione che da settimane agita il fronte repubblicano e incendia i social: Trump 2028.
Parole che arrivano con un tempismo chirurgico: a poco più di 100 giorni dall’inizio del suo secondo mandato, e mentre il merchandising ufficiale con il logo “Trump 2028” continua a fare incetta di ordini online. Magliette, cappellini, slogan: business as usual, anche se il diretto interessato prende le distanze. “Non è qualcosa a cui presto attenzione”, dice. Ma intanto incassa.
Il 22esimo emendamento è chiaro: nessuno può essere eletto presidente più di due volte. Stop. Nessuna zona grigia, nessuna interpretazione creativa. Eppure, lo stesso Trump insinua il dubbio: “Non so se sia costituzionale vietare di farlo”, afferma con tono a metà tra l’ingenuità e la provocazione. Ma modificare la Costituzione resta un’ipotesi fantascientifica: servirebbero i due terzi di Camera e Senato, o degli Stati, e poi la ratifica di tre quarti degli Stati. Politicamente: impossibile.
Il “no” al terzo mandato suona più come una pausa di riflessione. Un messaggio rassicurante per l’establishment repubblicano e per chi teme derive autoritarie. Ma Trump non sarebbe Trump se non lasciasse aperto almeno uno spiraglio. E lo fa proprio mentre fa nomi e cognomi per il post-Donald: JD Vance, attuale vicepresidente, e Marco Rubio, segretario di Stato e da pochi giorni anche consigliere per la sicurezza nazionale ad interim, dopo l’uscita di scena di Mike Waltz.
“JD è brillante”, “Marco è grande”, dice Trump. Parole al miele, ma non definitive. Un endorsement mascherato, che tiene sulla corda tutti i papabili. E soprattutto, tiene alta la tensione interna.
Perché continuare a vendere cappellini “Trump 2028” se il terzo mandato è incostituzionale? La risposta è semplice: perché Trump sa vendere, anche i sogni proibiti. Alimentare l’idea, anche solo come provocazione, tiene vivo il suo culto personale, rafforza il controllo sul partito e costringe chiunque voglia succedergli a passare sotto il suo radar.
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