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Accadde oggi
05 Maggio 2025 - 06:00
Il 5 maggio 1821, alle 17.11, Napoleone Bonaparte – già generale, già imperatore, già incubo d’Europa – moriva su uno scoglio sperduto dell’Atlantico, l’isola di Sant’Elena. Un funerale senza folla, senza trionfi, senza gloria. E soprattutto, senza Europa.
Eppure il suo nome, inciso nella pietra della storia, non è mai sbiadito. Perché Napoleone non è morto una volta sola. È morto nel silenzio del Congresso di Vienna. È morto ogni volta che il potere ha scelto la Restaurazione al cambiamento. Ma è risorto – e lo farà ancora – ogni volta che qualcuno, in un’aula scolastica o in un salotto parigino, lo pronuncerà con un misto di timore e fascinazione.
Per sei anni, Napoleone visse circondato da topi, zanzare, governatori britannici ostili e leccapiedi in divisa. Longwood House, più che una prigione dorata, era un mausoleo in divenire. “È infame!”, urlava l’ex imperatore, inchiodato a un letto umido e malandato come il suo impero perduto.
Era ancora il padrone dell’etichetta, ma non del tempo. Il fegato cedeva, lo stomaco bruciava, il corpo si gonfiava. Le pillole al mercurio – “cura” del secolo – lo avvelenavano più della solitudine. A 51 anni, Napoleone sembrava un vecchio abbandonato dai suoi stessi sogni.
Delirava, negli ultimi giorni, come se fosse ancora in battaglia. Pronunciava parole che sembravano slogan della sua epica personale: “la France”, “l’armée”, “Joséphine”. E poi il nulla. Il sipario calava alle 17.11 del 5 maggio, con l’aria satura di pioggia e rassegnazione. Era la fine di un uomo, ma non del suo mito.
Il mondo reagì con indifferenza. A Londra, il “The Statesman” lo annunciò con due mesi di ritardo. A Parigi, pochi borghesi si strinsero la mano piangendo. Il resto – monarchico, restauratore, sazio di guerra – tirò un sospiro di sollievo. L’usurpatore era finalmente solo un ricordo.
Eppure, proprio quando tutto sembrava perduto, Napoleone tornò. Non sul trono, ma tra le righe. Il Memoriale di Sant’Elena, dettato a Emmanuel de Las Cases, scosse l’opinione pubblica come un testamento postumo. Fu l’arte della narrazione a restituirgli lo scettro che la politica gli aveva negato.
Il figlio, Napoleone II, visse nell’ombra, tra educatori asburgici e rimpianti. La madre, Maria Luisa, lo aveva già archiviato, sposando il generale Neipperg. Ma il bambino scrisse: “Padre, vi amo”. E quell’affetto – forse l’unico sincero – scaldò le ultime ore di un uomo che aveva avuto tutto, tranne la pace.
E oggi?
Due secoli dopo, Napoleone divide ancora. Tiranno o genio? Autocrate o innovatore? Una cosa è certa: non fu mai mediocre. E nel bene o nel male, chi non lascia indifferenti, non muore davvero.
Il 5 maggio, mentre l’Europa del XXI secolo arranca tra guerre, vertici e ambizioni infrante, vale la pena ricordare che un uomo solo – con l’ego di un continente e la mente di uno stratega – osò ridisegnare il mondo. E forse, anche morendo da solo, ci è riuscito.
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